sabato 5 dicembre 2009

La regola del gioco ( I )

La règle du jeu (La regola del gioco, 1939) Regia: Jean Renoir; Soggetto: Jean Renoir, con la collaborazione di Carl Koch. Sceneggiatura: Jean Renoir. Fotografia: Jean Bachelet. Scenografia: Eugène Lourié con la collaborazione di Max Douy (costumi di Coco Chanel). Musica: Mozart(Dodici danze tedesche K605 n.1), Saint-Saens (Danse macabre), Monsigny, Sallabert, Johann Strauss, Chopin, e arrangiamenti di Désormières e Joseph Kosma. Girato in esterni a Sologne, Francia centrale.
Interpreti: Roland Toutain (l’aviatore André Jurieux), Jean Renoir (Octave), Marcel Dalio (marchese Robert de la Cheyniest), Nora Grégor (la marchesa Christine, sua moglie), Paulette Dubost (Lisette, cameriera di Christine), Gaston Modot (Schumacher il guardiacaccía), Julien Carette (Marceau, il bracconiere), Anne Mayen (Jackie, nipote di Christine), Pierre Nay (Saint-Aubin), Mila Parely (Geneviève de Marrast), Odette Talazac (Charlotte de la Plante), Pierre Magnier (il generale), Richard Francoeur (La Bruyère), Claire Gérard (Mme La Bruyère), Roger Forster (l'invitato effeminato), Nicolas Amato (il sudamericano), Tony Corteggiani (Berthelin), Eddy Debray (Corneille, il maggiordomo), Léon Larive (il cuoco), Jenny Helia (la cameriera), Lise Elina (la radiocronista), André Zwoboda (l’ingegnere), Camille François (la speaker), Henri Cartier-Bresson (il cameriere inglese). Produzione: N.E.F. Durata: 110 minuti

- Cornelio, facciamola finita con questa commedia!
- Quale delle tante, signore?
Questa battuta, detta al Marchese de la Cheyniest dal suo maggiordomo durante una delle sequenze più divertenti e movimentate della storia del cinema, me la porto dietro da sempre, o almeno da quando ho visto per la prima volta da “La regola del gioco” di Jean Renoir.
E’ un film che inizia con un aviatore che compie un’epica trasvolata, e vorrebbe dedicarla alla donna che ama: all’aeroporto ci sono tutti, c’è il suo amico Octave e c’è anche la radio in diretta (la tv non esisteva ancora), ma lei non c’è.
Il valoroso aviatore sfoga in diretta radiofonica tutto il suo disappunto e la sua amarezza, inutilmente consolato dall’amico. Ma la donna amata dall’aviatore è sposata: è la moglie del Marchese. Non è per questo che non è venuta all’aeroporto, figuriamoci: è che l’eroico aviatore l’ha presa un po’ troppo a cuore, questa storia.
La notizia circola subito, ma non c’è scandalo: siamo tra gente di mondo, al limite qualche battuta e qualche sorriso. Il Marchese, poi, oltre ad aver fiducia della moglie, è troppo interessato alla sua collezione di automi e di congegni meccanici, carillons e grammofoni, che ripara di persona. E vediamo subito (al telefono) anche la sua amante, un po’ noiosa ma più giovane di sua moglie. Una relazione segreta, ovviamente. Tutti insieme, amici e amanti, li vedremo poi nella grande tenuta del Marchese, invitati a una battuta di caccia e alla festa che seguirà, con molte altre persone.
Siamo a Sologne, nella Francia centrale; la tenuta del Marchese è molto grande e c’è bisogno di molta servitù. Vediamo subito Lisette, cameriera personale della Marchesa, e Schumacher, suo marito, guardacaccia (da pronunciare alla francese, Schoumachère) due personaggi importanti, insieme al piccolo e simpatico bracconiere Marceau, che si intrometterà nella storia finendo suo malgrado per causare la rottura del perfetto ingranaggio. Ma non vale la pena di riassumere il film, ci sono molti personaggi e si rischia di perdersi; si fa prima a guardare cosa succede.
Tutto gravita intorno alla festa e alla battuta di caccia, e sono cose che non si possono raccontare, vanno proprio viste: questo è il bello del cinema, e ogni tanto è giusto ricordarlo.
Però non si può non parlare di Octave, il personaggio principale (anche se non sembra) attorno al quale ruota tutta la narrazione. Octave è amico personale della Marchesa Christine, si conoscono fin da bambini ma hanno origini sociali diverse. Forse sono innamorati, di sicuro si vogliono bene, si comportano come se fossero fratello e sorella; e ovviamente Octave fa parte degli invitati alla festa. Ma Octave è molto amico anche dell’aviatore Jurieux, e riesce a ottenere l’invito anche per lui, nonostante lo scandalo.
Octave è interpretato dallo stesso Jean Renoir, con la sua buffa e bella faccia da pupazzo di neve: gli si vuole bene subito, ed è davvero un peccato che Renoir abbia smesso di recitare subito dopo questo film.

“La regola del gioco” inizia con una citazione in lingua francese, questa:
Coeurs sensibles, coeurs fidèles,
qui blamez l’amour léger,
cessez vos plaintes cruelles :
est-ce un crime de changer ?
Si l’amour porte des ailes,
n’est-ce pas pour voltiger ?
n’est-ce pas pour voltiger ?
n’est-ce pas pour voltiger ?
(Beaumarchais, Le mariage de Figaro, acte IV scene X)
Forse non molti sanno che il personaggio di Figaro, il barbiere di Siviglia, nasce negli anni immediatamente precedenti alla Rivoluzione Francese: è satira politica travestita da commedia.
Un grande successo e uno scandalo: il Conte d’Almaviva (un Conte!) e un uomo del popolo che giocano e scherzano insieme come due compagnoni, anzi: come due fratelli. Sarebbe bastato fare un po’ di attenzione a ciò che scriveva Beaumarchais per evitare almeno i guai più grossi, ma i nobili francesi hanno preferito ridere delle situazioni comiche, oppure gridare allo scandalo: in entrambi i casi, significava nascondere la testa sotto la sabbia e far finta che nulla sarebbe cambiato.
“La regola del gioco” è del 1939. Un anno terribile, la guerra è già in corso in molte parti d’Europa ma la maggioranza pensa che si possa continuare a ridere e scherzare, e ad andare avanti come prima.
Jean Renoir dice, in un’intervista filmata allegata al dvd, di non avere avuto particolari intenzioni mentre scriveva il film: si era soltanto ispirato a Mozart e a Beaumarchais, gli piaceva l’idea di raccontare una storia drammatica in quel modo e con quell’eleganza, sorridendo e facendo anche pensare. L’operazione è riuscitissima, e basta un po’ di pazienza all’inizio per entrare subito nel gioco anche noi, e siamo ormai nel 2010.
Quando Mozart decide di mettere in musica “Le nozze di Figaro”, cioè il seguito del “Barbiere di Siviglia”, siamo nel 1786, a Vienna: la Rivoluzione Francese scatterà tre anni dopo ma Beaumarchais viene visto come un pericolo anche dall’aristocrazia viennese.
Mozart e il suo librettista, Lorenzo da Ponte, tagliano dunque tutte le parti più strettamente politiche; il monologo finale di Figaro diventa una più semplice “tirata” contro le donne (o meglio: contro le mogli) e viene accuratamente depurato da ogni accenno alla situazione politica e sociale. E questo perché nelle “Nozze” il Conte torna al suo ruolo, quello di padrone; Figaro è sempre in confidenza con lui ma adesso è uno dei suoi servi. Figaro sta per sposarsi: la parte di commedia prevede che il Conte abbia delle mire sulla sua futura signora, Susanna (ovviamente, Figaro si è scelto una moglie molto bella e bella tosta, di gran carattere: cos’altro ci si poteva aspettare da lui?). I personaggi torneranno in una terza commedia di Beaumarchais, meno famosa delle prime due e ambientata durante la Rivoluzione: si intitola “La mère coupable” (La madre colpevole); e purtroppo non la conosco (è stata musicata di recente dal compositore americano John Corigliano, e ne ha parlato Sandro Cappelletto su Radiotre).
“Se Amore ha le ali, non è per volteggiare?” è la citazione di Beaumarchais che il regista Renoir mette in apertura del suo film, badando che sia ben visibile e ben leggibile. Non è una citazione casuale: il film avrà un finale drammatico, molto duro; ma per le quasi due ore del film si vive in un clima di commedia, si ride, ci si diverte a seguire gli amori, i tradimenti, le gelosie, gli intrecci, il rincorrersi degli amanti e dei mariti gelosi.

“La regola del gioco” ha al suo interno una scena molto dura, che ancora oggi riesce a far distogliere lo sguardo: la scena della caccia.
Sono brevi sequenze, in cui si vedono morire degli animali: la cacciagione, lepri e fagiani della tenuta del Marchese uccisi dai suoi invitati. Una scena molto comune, quando per preparare la cena bisognava ammazzare di persona gli animali: oggi comperiamo tutto al supermercato e ce ne siamo dimenticati, ma la verità è questa ed è bene ricordarlo, ogni tanto.
Ma Jean Renoir ci sta dicendo: attenzione, qui si fa sul serio. Qui sembra tutto fatuo, tutto pulito, tutto innocuo, ed invece la vita è qualcosa di molto serio. Quanto sia serio questo gioco, lo vedremo nel finale.
Un gioco nel quale chi non sa giocare rischia la vita: sarà il tema di “Quintet” di Robert Altman (anno 1979) che ha reso il soggetto di Renoir molto più esplicito; ed anche se è difficile riconoscere la parentela tra i due film, stilisticamente molto diversi, li unisce il clima da commedia che è presente anche in Altman.
Durante la battuta di caccia, l’unico degli invitati a non sparare è Octave.

Un’altra sequenza giustamente famosa è quella della festa, che è molto lunga e che va vista dall’inizio alla fine. Qui i toni di commedia sono prevalenti, c’è Octave che si traveste da orso (è una recita, con gli attori mascherati in abito tirolese), c’è un continuo rincorrersi di amanti gelosi e coppie che vorrebbero nascondersi, e tante altre cose. Ma, soprattutto, c’è la Danse Macabre di Saint-Saens: un brano musicale molto famoso e molto divertente, proprio al centro del film. E qui un particolare va fatto notare: prima della “Danse Macabre”, la pianista stava suonando; ma la “Danse Macabre” parte da sola, e la pianista sta a guardare un po’ spaventata. E’ solo una pianola meccanica, un pianoforte a rulli: ma vederla dà ugualmente i brividi.


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