lunedì 11 gennaio 2010

Un Guercino coreano

L’arco (Hwal, 2005). Scritto e diretto da Kim Ki-duk. Direttore della fotografia: Jang Seon-back Costumi di Kim Kyung-mi. Musica originale di Kang Eun-il. Interpreti: Han Yeo-reum (la ragazza), Jeon Seong-hwang (il vecchio), Seo Si-jeok (il ragazzo), e altri. Durata: 90 minuti.

Guardando “L’arco”, un film molto recente del coreano Kim Ki-duk, mi sono sorpreso a fare paralleli con la nostra arte europea. Non c’è da stupirsi: Kim ha studiato a Parigi, e poi il mondo non è così piccolo, abbiamo i libri, il cinema, internet... Noi europei ci siamo appassionati alle filosofie orientali, gli orientali si appassionano alle nostre cose belle (ne abbiamo moltissime, a cominciare dall’opera lirica: molti tenori e soprani vengono proprio dalla Corea).
Ma c’era un’immagine sulla quale ho lavorato molto, guardando il film: cercavo di capire perché mi pareva familiare. E’ l’immagine della ragazza, giovanissima, che tende l’arco sorridendo. Ha un volto infantile, un sorriso ineffabile, una presenza quasi incorporea, soprannaturale: cosa mai potrebbe essere?
Poi ho trovato la risposta: e la riporto qua sotto, e tutt’intorno, su e giù per il post.

Giovan Francesco Barbieri detto il Guercino nasce a Cento (Ferrara) nel 1591, e muore a Bologna nel 1666. Gli esperti (cioè quelli che se ne intendono, una categoria di cui io purtroppo non faccio parte) dicono che dopo gli esordi eccezionali in maturità fece troppi quadri, perché lo pagavano bene e gli conveniva; e così la sua produzione risente dell’eccessiva quantità. Ma fu grandissimo pittore ed è ben noto a chi si occupa di Storia dell’Arte. Il dipinto in questione è un soggetto mitologico ben noto, e rappresenta Amore, Venere, e Marte.
Non so quanto la riproduzione che porto qui possa rendere l’idea di quel che dico. Posso garantirvi che stare davanti a questo quadro, al vero Guercino, con l’angioletto che vi punta addosso la sua freccia, dà una strana impressione. Io lo sapevo che era impossibile, ma in quel preciso momento, alla mostra del Guercino, quell’angioletto, quell’amorino dipinto cinquecento anni fa, stava prendendo di mira proprio me, e nessun altro.
Il film è pieno anche di simboli e significati orientali, sui quali non mi soffermo perché è un argomento molto complesso che non mi compete (a dire il vero, anche la Storia dell’Arte italiana è un argomento che non mi compete – ma alle volte esagero). Per esempio, mi piacerebbe sapere qualcosa sul significato dei colori: la camicetta rosa (non solo per la ragazza ma anche per il vecchio) quando fa le profezie, i nastri colorati intorno ai polsi, le bandiere, i tre puntini accanto all’occhio della ragazza, i riferimenti a yin e yang e all’I-Ching... Ho letto qualche cosa su internet, so che perfino le galline in questo film hanno un loro significato tutt’altro che banale, riferito proprio al rito matrimoniale che vediamo nel finale.
Del Guercino ho già parlato per “Eyes wide shut” di Kubrick e per “Io ballo da sola” di Bertolucci; aggiungo anche qui un altro Guercino, forse il suo più famoso.
E’ una meditazione sul Tempo, ancora una volta: “et in Arcadia ego”, "anch’io ero in Arcadia". I viandanti giungono infine alla favolosa Arcadia, che è da intendersi quasi come il Paradiso in terra; ma anche in Arcadia esiste la morte. Un altro viandante, prima di loro, c’è stato e ha lasciato scritto un messaggio: “et in Arcadia ego”. Ma il tempo passa, anche in Arcadia la nostra esistenza non è eterna. Una meditazione sulla quale non si finisce mai di tornare, soprattutto parlando di cinema, che è per definizione l’arte in movimento: movimento nello spazio, e nel tempo. “Scolpire il tempo”, come diceva Andrej Tarkovskij: la più bella definizione mai data al cinema. E il Tempo è sempre protagonista, nei film di Kim Ki-duk e soprattutto in "L'arco".

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