mercoledì 8 settembre 2010

Dove sognano le formiche verdi ( II )

DOVE SOGNANO LE FORMICHE VERDI (Where the Green Ants Dream - Wo die grünen Ameisen träumen, 1984). Regia e sceneggiatura: Werner Herzog. Dialoghi addizionali: Bob Ellis
Fotografia: Jörg Schmidt-Reitwein Scenografia: Ulrich Bergfelder Riprese: sei settimane a Coober Pedy, Melbourne (Australia) Musica: Gabriel Fauré: Requiem; Ernst Bloch: Voice in the Wilderness; Richard Wagner: Wesendonck-Lieder; Klaus-Jochen Wiese: Temporary Galaxies; Wandjuk Marika: Didjeridu Interpreti: Bruce Spence (Lance Hackett), Wandjuk Marika (Miliritbi Riratjingu),Roy Marika (Dayipu), Ray Barrett (Cole), Norman Kaye (Baldwin Ferguson), Colleen Clifford (Miss Strehlow), Ralph Cotterill (Fletcher), Nicolas Lathouris (Arnold), Basil Clarke (Giudice Blackburn), Ray Marshall (Coulthard), Gary Williams (Watson), Dhungala I. Marika (Malila il muto), Tony Llewellyn-Jones (il pastore protestante), Marraru Wunungmurra (Daisy Barunga), Robert Brissenden (Professor Stanner), Bob Ellis (direttore del supermercato), Paul Cox Durata originale: 100'

Al minuto 29, mentre ascoltiamo ancora il Requiem di Gabriel Fauré, vero motivo conduttore del film, vediamo l’ingegnere discutere col più anziano dei due fratelli aborigeni che fungono da portavoce del gruppo che ha bloccato gli scavi.
L’ingegnere: Vorrei che il mondo mi fosse così chiaro come ciò che ho studiato, come le rocce e gli strati geologici... So che la terra è rotonda e si muove, ma non so che forma ha l’universo e in che direzione si muove (...) Penso che un giorno qualcuno dimostrerà che l’Universo è come il guscio di una lumaca, avvolto in spire su se stesso, che ha una parte interna ma nessun esterno. Le stelle che sembrano allontanarsi sono invece in rotta di collisione con noi...L’aborigeno lo guarda, rimanendo in silenzio. L’ingegnere si entusiasma, parla con passione; l’argomento gli piace.
L’ingegnere: I matematici lavorano molto su queste teorie: lo chiamano “spazio curvo” . Le spiego: un uomo si appende a un albero con una corda, e lì resta appeso. Quante corde servono perché rimanga immobile? Quanti punti di di riferimento servono per fissare nello spazio la sua posizione nelle tre dimensioni? Quante?Silenzio dell’aborigeno, che ascolta ma senza nessuna espressione sul suo volto. L’altro continua, sempre con grande passione.
L’ingegnere: Una sola. Un’altra sola corda, e non oscillerebbe più. Ma, quante corde servirebbero affinché la Terra stia immobile nell’universo? Poiché tutto si muove, come potremmo restare immobili? A cosa potremmo assicurare la corda?
L’aborigeno: Voi uomini bianchi vi siete perduti. Voi non capite la Terra (the Land). Troppe domande stupide. La vostra presenza sulla Terra (the Earth) terminerà. Voi non avete giudizio, finalità, direzione.


Al minuto 33 vediamo l’ingegnere nella sua stanza, mentre telefona: gli aborigeni hanno rifiutato tutte le proposte. Ma non sta parlando con i suoi capi, sta telefonando a Nancy, che abita in città e che stasera “esce con James”.
Anche questo è un problema, e grosso: mi è capitato più volte di parlare con persone che fanno questo lavoro, che costruiscono impianti o scavano miniere in luoghi sperduti, sono quasi sempre racconti di solitudine e di lontananza da casa. A volte sono belle esperienze, a volte no; ma non sempre chi è a casa è disposto ad aspettarti, soprattutto quando si è giovani.
Di seguito, rivediamo Mr. Cole, l’autista della ruspa; e il fumo nerissimo dello scappamento, quando la accende per fare marcia indietro, è molto più di un semplice gas di scarico. Per ora, gli aborigeni l’hanno avuta vinta; e Cole non ne è affatto contento.
Questo personaggio, l’autista della ruspa, un capo operaio, è molto ben reso e non va sottovalutato. Si tratta quasi sempre di gente di valore, quasi sempre con un pessimo carattere; sono loro che portano avanti il mondo, è a persone come Mr. Cole che dobbiamo il nostro benessere. Se non ci fossero i Mr. Cole, con tutti i loro difetti, nessun progetto andrebbe mai in porto; Herzog lo sa, ed evita di farne un ritratto cattivo, scegliendo con grande cura l’attore che lo interpreta. Cole non è una persona fine, non conosce gli aborigeni e nemmeno gli interessano; ma in fin dei conti è un brav’uomo. A lui interessa solo il suo lavoro, e questo è il suo limite ma anche la sua forza. Non si devono chiedere cose complicate sul piano concettuale, astratto e filosofico, alle persone come Mr. Cole; anche con la religione sono messi male, magari sono praticanti ma non è detto che capiscano quello che fanno durante il rito, anzi di solito è vero il contrario. E’ la tradizione, piuttosto, che gli interessa: qualcosa che ha visto fare da piccolo, che facevano anche suo padre e suo nonno, ecco, queste cose qui; ma non chiedetegli di leggere il Vangelo, o qualsiasi altro testo sacro, e di capirlo. Persone come Mr. Cole (sia maschi che femmine) esistono in ogni parte del mondo, e sono davvero quelli che fanno andare avanti il mondo. E’ sul piano pratico che danno il meglio, e sono dei lavoratori instancabili. Per il resto, vanno un po’ educati; e mettere al loro fianco una persona diversa da loro, magari uno come l’ingegnere del film, è un’ottima cosa.

Nella scena successiva vediamo finalmente la grande città: che è Melbourne, sede della Ayers Co., dove i due portavoce degli aborigeni vengono ricevuti dai grandi capi della compagnia minieraria. Molto belle la gag dell’ascensore e la piccola scena ristorante greco, con il canto aborigeno in risposta al greco (felice per il pranzo e l’ospitalità).

Al minuto 39 ascoltiamo una musica dolce e malinconica: è un lied di Richard Wagner, dai Wesendonck Lieder. Questa melodia tornerà nel “Tristano”, all’inizio del terzo atto, con Tristano morente in attesa dell’apparizione di Isolde.
Al minuto 41 si vede per la prima volta l’aereo militare verde, un Caribou: ma qui mi fermo e non racconto cosa succede, perché l’aereo da qui in avanti è protagonista e per chi ancora non conosce “Dove sognano le formiche verdi” vedere il film senza sapere cosa succede è un piacere che non va rovinato. In queste sequenze, e in quelle successive del tribunale, gli aborigeni dimostrano di non avere la nostra stessa nozione del tempo, e anche della matematica: un concetto che Herzog aveva già affrontato in “Kaspar Hauser”. Per i bambini, e per le popolazioni che noi chiamiamo primitive, la matematica, lo spazio e il trascorrere del tempo sono cose diverse da quelle che ci insegnano a scuola.
(continua)

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