venerdì 18 febbraio 2011

Il posto

Il posto (1961). Regia di Ermanno Olmi. Scritto da Ermanno Olmi ed Ettore Lombardo. Fotografia di Lamberto Caimi e Roberto Barbieri. Musiche originali di Pier Emilio Bassi. Interpreti: Sandro Panseri, Loredana Detto, Tullio Kezich, Mara Revel, molti attori non professionisti. Durata: 92 minuti

“Il posto” è un gioiellino, tante piccole storie narrate seguendo la storia principale, quella di un ragazzo al suo primo lavoro. Siamo nel 1961, a Milano; vediamo gli scavi della metropolitana proprio in centro, e scopriamo una Milano che è molto diversa da quella che vediamo oggi.
I negozi, innanzitutto: a Milano non ci sono più negozi gestiti da singole persone, ma solo le grandi catene, le “griffes”: gli unici che possono permettersi di pagare gli affitti sproporzionati chiesti dalle giunte di destra degli ultimi vent’anni, che hanno sempre più trasformato Milano in qualcosa di sempre più grigio e di sempre meno umano. Questa Milano del 1961 non è molto diversa da quella che cominciavo a scoprire io negli anni ’70, quindici o sedici anni dopo. Molti di quei negozi li ho visti anch’io, ci sono entrato: alcuni erano aperti fino a pochi anni fa. Mi si dirà che i negozi gestiti da esseri umani (pardon, da singole persone) sono qualcosa di vecchio e di sorpassato, che oggi si risparmia, che magari si compera on line, ma io sono un po’ stufo di questi discorsi e continuo a pensare ai posti dove vivo come qualcosa di bello che vada protetto, e ormai è diventata un po’ dura, lo ammetto. Se oggi 2011 avessi vent’anni, fuggirei il più lontano possibile da questa Milano e da questa Lombardia; ed è il mio paese, sono i posti dove sono nato e vissuto.
Oggi i negozi sono tutti uguali. Andate alla Feltrinelli o alla Mondadori o alla Rizzoli, per esempio: ci trovate esattamente le stesse cose, ma non è sempre stato così. La biodiversità non riguarda solo le specie animali e vegetali, riguarda anche bar e negozi: a me piaceva girare, entrare in un negozio o nell’altro, trovarvi persone sempre diverse, negozi sempre diversi, soprattutto le librerie e i negozi di dischi erano angoli piacevolissimi, che riflettevano la personalità di chi li gestiva. Le librerie di Milano hanno chiuso quasi tutte, per esempio: impossibile per una persona normale pagare gli affitti richiesti dal vicesindaco De Corato, una persona che per 15 anni è sempre rimasto al suo posto, e che ha provocato il deserto (deserto dopo le 17: quando chiudono gli uffici, e rimanete da soli per la strada, in compagnia solo dell’immancabile videocamera – e vi conviene muovervi, affrettarvi, se no va a finire che vi arrestano, cosa fate lì fermi col naso in su...). Ho provato a parlare di queste cose, mi rispondono: “eh, ma sono cose che cominciano un po’ alla volta”. Beh, anche a morire si comincia un po’ alla volta: e il “morbo” che fino a qualche anno fa riguardava quasi soltanto la Galleria (zona di uffici) adesso si è esteso ovunque, ed è arrivato anche fuori Milano, nei paesi distanti 30 chilometri da Milano, perfino a Como ormai – e Como era una città piena di colori e di vita, fino a 10-15 anni fa...
Tornando al film, ne è protagonista un ragazzo di quindici anni, che viene da Meda (una ventina di chilometri a nord di Milano, verso Como e verso la Brianza), figlio di operai: allora era normale iniziare il lavoro a quell’età, poi si poteva continuare a studiare (lo ha fatto anche mio fratello), magari alle serali – ma le ultime novità della riforma Gelmini-Tremonti le scuole serali le hanno chiuse quasi tutte. E mi rendo conto che, al di là della simpatia del film, è difficile togliersi di dosso il presente, il grigio e la grettezza (io avevo tre anni scarsi, sia ben chiaro: quelli di “Il posto” non sono miei ricordi diretti e non ho nostalgie da portare avanti).
Di questo ragazzo, che si chiama Sandro Panseri e non ha più fatto cinema, vediamo i colloqui, l’esame, la prova psicotecnica (oggi sostituita dagli onnipresenti test), e il primo innamoramento. Verrebbe da dire Rohmer, ma Rohmer qui non aveva ancora incominciato, o quasi. Insuperabile la finezza di Olmi, qui in un film “alla Altman” (ma nel 1961 nemmeno Altman aveva ancora cominciato a fare cinema sul serio) con tante storie piccole, un film collettivo, l’impiegata anziana che ancora si rivolge con timore al capo, l’impiegato quasi cieco che scrive romanzi (“non mi piace quello lì, è un ruffiano, non guarda mai in faccia la gente” “ma se ‘l ghe ved no...”), il fattorino Sartori con le sue belle battute, il bimbo piccolo della collega che piange perchè Sartori ha i baffi, tante piccole cose, comprese le due bambine in Fiera che lo invitano a giocare, il pesciolino vinto alla giostra e poi finito nel lavandino della ditta, la festa di fine anno sperando che lei arrivi, l’inizio di una più che probabile carriera, e tante altre cose. Ermanno Olmi è un maestro, da cinquant’anni, nel raccontare le persone; e l’amore che porta per ognuno di noi è qualcosa che una volta sorgeva spontaneo, lo posso dire perché molte di queste persone poi le ho trovate nella vita, un po’ più vecchie, ed era un mondo a colori, pieno di persone buffe e gentili, o magari brutte e spaventose, ma ognuna diversa dall’altra. Se il mondo oggi non è più a colori, gran colpa è della tv – ma dal 1980 in avanti, sia ben chiaro.
Forse mi conviene fermarmi, “Il posto” è un film piacevolissimo ma io forse non sono dell’umore giusto per raccontarlo. Chiudo con una nota gentile, e con una piccola curiosità: la ragazza protagonista, Loredana Detto, è da quasi cinquant’anni moglie di Olmi; qui si erano appena fidanzati. Per i curiosi, uno degli esaminatori alla "prova psicotecnica" è interpretato da Tullio Kezich, famoso critico cinematografico.

6 commenti:

giacy.nta ha detto...

Uh, i pesciolini rossi in bianco e nero sono ancora più sfuggenti:)

Giuliano ha detto...

mi sembra di vedere e rivedere le persone che ho conosciuto, e che non ci sono quasi più.
Era bella gente, anche se quando ci sei insieme non te ne rendi conto, certe cose le si capiscono dopo. Olmi, invece, le aveva capite subito.
Prova a pensare a qualcosa che corrisponda, oggi, al fattorino che aiuta il ragazzo appena arrivato...Eppure gente così ce ne era, e non pochi. Anch'io ne ho incontrati tanti, ai miei inizi, poi ho cercato anch'io di fare la mia parte e in parte l'ho fatta, ma questi sono tempi aridi, senza vita.

giacy.nta ha detto...

Forse sono stata più fortunata di te o forse non so vedere ma anche a scuola,per esempio, sebbene i ragazzi siano anagraficamente da sempre DENTRO questo tempo arido, aridi non sono, o lo sono sono apparentemente.
Sanno riconoscere i sentimenti genuini e i gesti di delicatezza meglio di tanti adulti o anziani ( nella mia zona sono loro i più duri, scostanti e in certi casi decisamente antipatici ).

Capisco il tuo stato d'animo, però, perchè tu hai visto stravolgere anche e soprattutto il paesaggio e hai visto materialmente le conseguenze di un modo abbastanza diffuso di fare molto poco a misura d'uomo e molto a misura di portafoglio. Io penso che qualcosa stia cambiando, Giuliano. Qualcuno si sta svegliando.


p.s.
sono andata proprio oggi a ordinare il film :)

Giuliano ha detto...

ah, io non voglio responsabilità! dico solo che a me piace
:-)

giacy.nta ha detto...

in tema col tuo post di stamattina... :)

Giuliano ha detto...

sì, ci ho messo un quarto d'ora ma alla fine l'ho capita...
:-)
intendo dire: responsabilità su quello che comperi...(ma so già che era chiaro in partenza)
Tornando al tuo commento precedente, sai cosa mi fa impressione? vedere molti giovani e giovanissimi con le cuffie nelle orecchie, sempre, anche per salire sul treno o per scendere le scale nel metrò. Cuffie nelle orecchie, video in mano, videogiochi a casa...difficile essere ottimisti per il futuro, spero che la ragione sia più dalla tua parte che dalla mia.