domenica 29 maggio 2011

L'attimo fuggente (Dead poets society) n.2

Dead Poets Society (L’attimo fuggente, 1989) Regia di Peter Weir. Soggetto e sceneggiatura di Tom Schulman. Fotografia: John Seale. Musica originale: Maurice Jarre. Con Robin Williams (professor Keating); i ragazzi: Robert Sean Leonard (Neil Perry, il ragazzo che vuol fare l’attore), Ethan Hawke (Todd Anderson, compagno di stanza di Neil), Josh Charles (Knox Overstreet, innamorato di Cris), Gale Hansen (Charlie “Nuanda” Dalton), Dylan Kussman (Cameron), James Waterston (Pitts), Allelon Ruggiero (Meeks); Kurtwood Smith (il padre di Neil), Carla Belver (la madre di Neil), Alexandra Powers (Cris), Norman Lloyd (Mr. Nolan), Leon Pownall (Mr. Mc Allister), Melora Walters e Welker White (le due ragazze nella grotta). Durata: 128 minuti

Guardando “L’attimo fuggente”, un film di grande successo che tutti ricordano, sul quale si è detto e scritto moltissimo, mi sono sempre chiesto: quanti sono quelli che capiscono veramente quello che succede? Non è una domanda banale, il film è apparentemente semplice e va a colpire tutti noi, perché tutti noi siamo stati a scuola, le scuole sono diverse ma le situazioni che si creano sono ancora oggi molto simili a quelle che vediamo nel film, quindi ognuno di noi è tentato a sovrapporre se stesso al film. Il che non è male di per sè, anzi è buon segno (guai ai film che non ci toccano dentro, almeno un po’...), ma davanti a un autore vero, come Peter Weir, bisogna sempre stare attenti ai particolari.
Per esempio: quanti sono, fra quelli che hanno visto il film e ne hanno parlato, quelli che sanno cosa va a recitare Neil, il ragazzo che vuol fare l’attore nonostante il parere contrario di suo padre?
Si tratta di “Sogno di una notte di mezza estate”, di William Shakespeare: che è una commedia, e quindi non vi sono tragedie con morti ammazzati. Anzi, “Sogno di una notte di mezza estate” è molto divertente, a tratti anche di un umorismo piuttosto grossolano (volutamente grossolano, sia ben chiaro).
Un po’ di confusione la fa lo stesso Neil, nel film, quando dice di aver ottenuto la parte del protagonista: in “Sogno di una notte di mezza estate” i protagonisti sono tanti, è una commedia corale di quelle scritte apposta per far lavorare tutti e far fare bella figura a tutti. Non è “Romeo e Giulietta”, per intenderci, e nemmeno “Otello”; però la parte di Puck è davvero importante, è lui il motore dell’azione, ed è a Puck che spetta il finale, come si vede bene nel film.
Forse si può dire che il vero protagonista è il bosco, la foresta incantata abitata da fate, spiriti, elfi folletti: nella foresta vanno a rifugiarsi due coppie di innamorati, i cui genitori sono contrari al matrimonio. Nella foresta, un’altra coppia: Oberon e Titania, re e regina delle fate e degli elfi e degli spiriti tutti. Oberon e Titania hanno litigato, come succede in tutte le coppie, per futili motivi; di conseguenza Oberon chiama il folletto Puck e lo manda a prendere un fiore, il cui succo spremuto sugli occhi di una persona che dorme la farà innamorare della prima persona che vedrà al suo risveglio. Così Oberon spera di risolvere velocemente il problema con Titania; ma Puck è un folletto molto svelto ma anche un po’ pasticcione, e con quel fiore magico creerà un bel po’ di confusione. Nel film vediamo Puck all’inizio dell’atto secondo, a colloquio con una Fata, una delle tante e quindi senza nome; però questa Fata canta una canzone, e quindi è anch’essa un bel ruolo da interpretare. Nel film la canzone non c’è, incontriamo Puck e la Fata quando la canzone è già finita; però la scena è molto bella e la riporto qui per intero, prima in italiano e poi in inglese (purtroppo per noi, la traduzione usata nel doppiaggio è quasi incomprensibile, e i doppiatori sono molto impacciati; con il sonoro originale si va un po’ meglio).
ATTO SECONDO - SCENA PRIMA
Un bosco nei pressi di Atene. Entrano, da parti opposte, una FATA e PUCK.
PUCK Ehilà, spirito! dove vai errando?
FATA Vado per monti e valloni, per orti e roveti, per fiumi e canneti, tra vampe e burroni, rapido come s'alza la Luna di balza in balza, di collina in collina; e cabale sull'erba disegno con la brina per lei, per la regina delle fate, superba fra le primule snelle, sue dame e sue donzelle, che in lor veste leggera portan la primavera. Devo andar cercando qua e là delle gocce di rugiada e appendere una perla all'orecchio di ogni primula. Addio, spirito screanzato, me ne vado. La nostra regina, con il corteggio di tutti i suoi elfi, sta per giungere a questa volta.
PUCK Il re vorrà dare una festa proprio qui, stanotte: bada che la regina se ne stia lontana dai suoi sguardi, ché Oberon è al colmo dell'ira: e tutto questo a causa d'un ragazzo bellissimo ch'ella ha rubato a un re indiano e che s'è presa come paggio. Non ne ha mai avuto uno più caro e l'invidioso Oberon vorrebbe averlo lui, invece, tutto per sé, fra i cavalieri del suo seguito, per batter la foresta selvaggia innanzi al suo passaggio. Ma essa trattiene a forza il bel ragazzo, lo incorona di fiori e vi concentra tutto il suo piacere. E così accade che quei due non si posson mai più incontrare in boschi o radure, presso limpide fonti, o al vivido splendore delle stelle senza dar sfogo ad aspre liti: al punto che, per la paura, tutti i loro elfi corrono a rannicchiarsi nelle coccole delle ghiande e vi si tengon celati.
FATA O io m'inganno affatto sulla tua forma e sul tuo sembiante, ovvero tu sei proprio quella birba malandrina d'uno spirito che vien chiamato Robin Goodfellow. Non sei tu forse proprio quel tale che spaventa le fanciulle del villaggio, che screma il latte, che s'affanna alla mola del mulino, e che rende vana l'opera laboriosa della massaia nella zàngola per ottenere il burro, e impedisce talvolta alla birra di lievitare, e fa smarrir la strada ai pellegrini notturni per ridere della loro peripezia? Mentre quegli altri che ti vezzeggiano con il nome di Hobgoblin, di Buon Puck, li aiuti nel loro lavoro, e si assicurano la buona sorte. Non sei tu forse proprio colui?
PUCK Dici bene, fata, io son proprio quell'allegro nottambulo, e faccio da buffone a Oberon e gli eccito il riso quando inganno uno stallone ben nutrito di fave imitando il nitrito della puledra. E talvolta mi appiatto nel boccale d'una comare prendendo l'aspetto d'una mela cotta, e quand'ella beve, balzo alle sue labbra e le rovescio la birra sulla giogaia avvizzita. La più assennata fra le matrone, mentre racconta la più seria fra le storie, mi scambia talvolta per un tréspolo; e allora io le sguscio di sotto alle natiche e quella va a gambe all'aria e grida: «All'anima del sarto! » in un accesso di tosse. E tutti gli ascoltatori della compagnia si tengono i fianchi dal ridere, e mentre monta il buon umore giurano in mezzo agli scoppi degli sternuti che non s'era mai data un'ora di più pazza allegria. Ma fatti da parte, fata, perché arriva Oberon.
FATA E arriva anche la mia padrona. Volesse il cielo ch'egli se n'andasse subito.
Entrano, da un lato OBERON con il suo seguito, e dall'altro TITANIA con il suo.
OBERON Cattivo incontro al lume della luna, fiera Titania.
TITANIA Sei tu, invidioso Oberon? Fate, andiamo via subito: ho rinnegato il suo letto e la sua compagnia. (...)
(William Shakespeare, Sogno di una notte di mezza estate, traduzione di Gabriele Baldini, ed. BUR Rizzoli)
ACT II - SCENE I
A Wood near Athens. Enter a FAIRY at one door, and PUCK at another.
PUCK. How now, spirit! Whither wander you?
FAIRY. Over hill, over dale,
Thorough bush, thorough briar,
Over park, over pale,
Thorough flood, thorough fire,
I do wander everywhere,
Swifter than the moon's sphere;
And I serve the Fairy Queen,
To dew her orbs upon the green.
The cowslips tall her pensioners be,
In their gold coats spots you see;
Those be rubies, fairy favours,
In those freckles live their savours.
I must go seek some dew-drops here,
And hang a pearl in every cowslip's ear.
Farewell, thou lob of spirits; I'll be gone;
Our Queen and all her elves come here anon.
PUCK. The King doth keep his revels here tonight;
Take heed the Queen come not within his right;
For Oberon is passing fell and wrath,
Because that she as her attendant hath
A lovely boy, stol'n from an Indian king
She never had so sweet a changeling;
And jealous Oberon would bave the child
Knight of his train, to trace the forests wild:
But she perforce withholds the loved boy,
Crowns him with flowers, and makes him all her joy.
And now they never meet in grove or green,
By fountain clear, or spangled starlight sheen,
But they do square; that all their elves for fear
Creep into acorn-cups, and hide them there.
FAI. Either I mistake your shape and making quite,
Or else you are that shrewd and knavish sprite
Called Robin Goodfellow. Are not you he
That frights the maidens of the villagery,
Skim milk, and sometimes labour in the quern,
And bootless make the breathless housewife churn,
And sometime make the drink to bear no barm,
Mislead night-wanderers, laughing at their harm?
Those that Hobgoblin call you, and sweet Puck,
You do their work, and they shall bave good luck.
Are not you he?
PUCK. Thou speak'st aright;
I am that merry wanderer of the night.
I jest to Oberon, and make him smile
When I a fat and bean-fed horse beguile,
Neighing in likeness of a filly foal;
And sometime lurk I in a gossip's bowl
In very likeness of a roasted crab,
And when she drinks, against her lips I bob,
And on her wither'd dewlap pour the ale.
The wisest aunt, telling the saddest tale,
Sometime for three-foot stool mistaketh me;
Then slip I from her bum, down topples she,
And 'tailor' cries, and falls into a cough;
And then the whole quire hold their hips and loffe
And waxen in their mirth, and neeze, and swear
A merrier hour was never wasted there.
But room, fairy! Here comes Oberon.
FAI. And here my mistress. Would that he were gone!
Enter OBERON, at one door, with his Train; and TITANIA, at another, with hers.
OBE. Ill met by moonlight, proud Titania.
TITA. What, jealous Oberon? Fairies, skip hence; I have forsworn his bed and company.
(...)
(William Shakespeare, A midsummer night’s dream)
Nel film si vede bene, ma solo per pochi istanti, anche Bottom, con la testa d’asino: Bottom è un attore che si è recato con i suoi colleghi nel bosco per le prove di una tragedia greca, “Piramo e Tisbe”; siccome non sono propriamente dei grandi attori la recita diventa molto comica, e il consiglio per chi ancora non la conosce è di andarsela a leggere, perché è molto divertente. I folletti assistono agli sproloqui di Bottom e degli attori, e decidono che una testa d’asino gli dona molto di più di quella sua naturale; Oberon per vendicarsi di Titania (con la quale ha nuovamente litigato) la fa innamorare perdutamente dell’asino. Il quale asino, cioè l’attore Bottom, non si è accorto di niente e non si capacita né della fuga dei suoi spaventatissimi compagni né dell’amore di questa bellissima signora, ma comunque sia prova ad adattarsi.
Una gran confusione: ma poi tutto si sistemerà e si andrà verso un finale lietissimo.
La commedia viene chiusa da Puck, spirito burlone, con un epilogo che è un classico del teatro: il monologo finale, scritto per attirare gli applausi. Se l’attore è bravo, funziona sempre.
PUCK. If we shadows have offended,
Think but this, and all is mended,
That you have but slumber'd here
While these visions did appear.
And this weak and idle theme,
No more yielding but a dream,
Gentles, do not reprehend:
If you pardon, we will mend.
And, as I am an honest Puck,
If we have unearned luck
Now to 'scape the serpent's tongue,
We will make amends ere long;
Else the Puck a liar call.
So, goodnight unto you all.
Give me your hands, if we be friends,
And Robin shall restore amends.
Exit.
(William Shakespeare, A midsummer night’s dream)
PUCK : Se l'ombre nostre v'han dato offesa, voi fate conto che queste visioni così a sorpresa v'abbiano colto mentr'eravate in preda al sonno, in lieve sonno sopiti; ed era ogni visione vaga chimera. Non ci dovete rimproverare se vana e sciocca sembrò la storia; ne andrà dissolta ogni memoria, come di nebbia se il sole appare; se ci accordate vostra clemenza, gentile pubblico, faremo ammenda. E com'è vero ch'io son folletto onesto e semplice, sincero e schietto, se pure ho colpe, non mai ho avuta lingua di serpe falsa e forcuta; pago l'ammenda senza ritardo, o mi direte che son bugiardo. Ora vi auguro sogni felici, se sia ben vero che siamo amici, e ad un applauso tutti vi esorto, poiché ho promesso che ad ogni torto a voi usato per insipienza, gentile pubblico, faremo ammenda.
Exit. Sipario.
(William Shakespeare, Sogno di una notte di mezza estate, traduzione di Gabriele Baldini, ed. BUR Rizzoli)
Si può far notare una cosa: l’originale è in versi, molto musicali; e quando siamo davanti alla poesia, ogni traduzione fa perdere molto fascino all’originale. Non conosco bene l’inglese, men che meno quello di fine ‘500: ma quel poco che so mi consente di cogliere il ritmo dell’originale, ed è musica vera.
La messa in scena che si vede nel film è di buon livello, c’è perfino un’orchestra con musicisti che suonano dal vivo; è ovviamente una delle tante messe in scena possibili, i costumi così pieni di rami e di foglie sembrano pensati per suggerire che i folletti fanno parte del bosco, sono anzi parte stessa del bosco. Non sono sicuro che sia un’idea felice, però questa corona di spine, che fin lì era sembrata un semplice costume di scena, la vedremo poi sulla testa di Neil nella scena più drammatica del film.

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