martedì 16 agosto 2011

Michelangelo Antonioni ( I )

Michelangelo Antonioni è un regista che ammiro moltissimo, soprattutto per i film che vanno dal 1960 (“L’avventura”) a metà anni ’70 (“Professione reporter”), una serie di capolavori davvero impressionante. Però ho anche molti problemi con Antonioni, perché, anche se ha avuto al suo fianco fior di scrittori, come Tonino Guerra, alle volte con Antonioni è difficile cogliere il confine tra la fesseria e il capolavoro. Ho rivisto in questi giorni “Blow up”, l’ho trovato magnifico, ma davanti a certi suoi momenti il dubbio mi è tornato: mi starà mica prendendo in giro?
Il dubbio sulla reale profondità di Antonioni diventa quasi una certezza davanti ai suoi ultimi film, nei quali sembra prevalere un lato voyeuristico che era sempre presente (le donne di Antonioni sono sempre state bellissime) che finisce col rendere stranamente poco affascinante la bellezza delle immagini, pari a quelle dei suoi film più celebrati. Queste mie difficoltà si vedono bene anche da questi mie brevi appunti, presi nel corso di una ventina d’anni, nei quali ho trovato un filo conduttore: ogni volta, alla fine di un film di Antonioni, rimango ammirato ma non so bene che cosa pensare. Penso che quelli su Antonioni siano i miei appunti più inutili in assoluto, sarebbe meglio dimenticarseli e andare subito a guardare i film, ma ormai li ho messi in fila, il lavoro è fatto, eccoli qui.
I film di Antonioni che ho visto:
Gente del Po (1947, documentario) ***
Cronaca di un amore (1950, L.Bosè, M.Girotti, Gino Rossi) ****
La signora senza camelie (1953, L.Bosè, Gino Cervi, A.Checchi. A.Cuny, I.Desny) ***
Le amiche (1955, E.Rossi Drago, V.Cortese, G.Ferzetti) ***
Il grido (1957, Steve Cochran, Alida Valli) **
L’avventura (1960, M.Vitti, G.Ferzetti, Lea Massari, R.Ricci) ****
La notte (1961, J.Moreau, M.Vitti, M.Mastroianni) ***
L’eclisse (1962, M.Vitti, F.Rabal, Lilla Brignone, A.Delon) ****
Il deserto rosso (1964, M.Vitti, Richard Harris, C.De Prà) ****
Zabriskie Point (1969, M.Frechette, Daria Halprin, Rod Taylor) ****
Blow up (1970, D.Hemmings, V.Redgrave, Sarah Miles) ****
Professione reporter (1974, J.Nicholson, Maria Schneider) ****
Il mistero di Oberwald (1981, M.Vitti, F.Branciaroli) **
Identificazione di una donna (1982 T.Milian, Lara Wendel, Daniela Silverio) **
Al di là delle nuvole (1995, insieme a Wim Wenders) **
Blow-up
Un capolavoro; qui si capisce perché Wenders viene accostato a lui. 1) Vanessa Redgrave è bellissima, misteriosa e affascinante come un sogno. 2) La luce nel parco dove Hemmings fotografa l'omicidio: anche questa è una sequenza onirica, il parco conserva qualcosa di misterioso. 3) la sequenza finale del tennis mimato (è un film non invecchiato, appassionante) 4) Hemmings che va dalla ragazza antiquaria e la vede mentre fa l'amore. 5)la sequenza con le due "aspiranti modelle", una scena di sesso che avrebbe potuto girare Kubrick. Ed è proprio con Eyes wide shut che il paragone viene spontaneo, il conflitto fra sogno (droga?) e realtà è il tema di Blow up , la ricerca del particolare nascosto nel sogno (come in Wenders); e il finale sospeso è come un risveglio. (gennaio 2000)
La fotomodella Veruschka è figlia di uno degli uomini chiave della Resistenza antinazista in Germania, il conte Heinrich von Lehndorff-Steinort, e della contessa Gottliebe von Kalnein, nobiltà prussiana. E’ la secondogenita, è alta un metro e ottanta, e il suo nome completo è Vera Gottliebe Anna von Lehndorff-Steinort. (notizia dal Venerdì di Repubblica, 14 aprile 2011)
Jane Birkin su Antonioni
- Il suo primo ruolo cinematografico è stato nel 1965 in The knack (Palma d'Oro a Cannes) di Richard Lester, regista simbolo della Swinging London. Lei avrebbe potuto diventare una delle divine creature del movimento. Perché si è sottratta?
«Non l'ho fatto apposta. La vita è una serie di traiettorie inattese, imprevedibili. Mio marito John Barry era partito in America. Avevo vent'anni, avevo già avuto Kate ed ero molto triste. Sono tornata a vivere con i miei genitori, ma mi pesava. Allora ho accettato di fare un provino per un film. A Parigi. Così ho conosciuto Serge e non sono più tornata».
- Ma prima ancora c'era stato Blow up.
«Dovevo essere solo una comparsa, ma quel film ha segnato la mia carriera. Antonioni è stato di una estrema delicatezza con me e ha sempre seguito la mia carriera. Che grazia, che onestà, che pazienza. Ricordo il provino per Blow up: qualcuno mi chiede di scrivere il mio nome su un muro. Lo scrivo piccolissimo. Mi urlano: più grande! Alla terza lettera ti giri di profilo. JAN, profilo, E B e qualcuno urla ancora: perché fai così? Mi hanno detto di fare così, rispondo. Dice: scrivi forse il tuo nome così grande per attirare l'attenzione su di te? Allora scoppio a piangere farfugliando: mi hanno chiesto di scriverlo grande. E sento: cut! Allora Antonioní è venuto verso di me. "Questo volevo sapere: se lei era vulnerabile. Ora le do tre pagine da leggere, ma ci pensi bene perché nel film dovrà essere completamente nuda". Sono tornata a casa e ho raccontato tutto a John. "Se proprio ti devi spogliare, un film di Antonioni è quello per cui vale la pena farlo", mi ha detto. Ma ha aggiunto: "È comunque so che non lo farai mai. Perfino quando ti spogli a casa spegni sempre la luce". Merde! Mi sono detta. Lo farò».
intervista a Jane Birkin di Laura Putti,Repubblica 13 maggio 2007
Zabriskie Point
A guardarlo dal punto di vista delle immagini e delle sensazioni, soprattutto nella parte centrale, è un film magnifico, e Wenders viene da lì (Nel corso del tempo). Per il resto, molte perplessità: cos’è, la storia di un killer psicopatico che fugge con una ragazza ignara? A fermarsi soltanto sulla storia raccontata, sembra il classico thriller dozzinale. Conclusione: la storia è come una buccia di banana, serve per avvolgere e proteggere la parte buona. Del ’68 e delle rivolte giovanili ad Antonioni non importava molto, gli è servito solo da spunto per girare quello che voleva girare; idem per Blow up, che è forse più riuscito grazie all’espediente dell’omicidio nella foto. Qui è più anarchico e individualista, e quelle esplosioni finali finiscono con il dare il vero senso al film, oltre che rimandare a film come "Koyaanisqatsi" di Godfrey Reggio, che verranno molti anni dopo e che di questo finale sono quasi una citazione diretta.
(aprile 2000)
Professione reporter
- Da che cosa fuggi?
- Voltati indietro, e guarda.
(Maria Schneider e Jack Nicholson)
- Che cosa vedi?
- Un bambino e una vecchia, che stanno discutendo su quale strada prendere. (pausa)
- Non dovevi venire. (voci da fuori) E adesso, cosa vedi?
- Un uomo che si gratta una spalla, un bambino che tira dei sassi, e polvere. C'è molta polvere qui. (pausa) Non è strano come succedono le cose, qui? Come ce le costruiamo? (pausa) Sarebbe terribile essere ciechi...
- Io conoscevo un uomo che era cieco. Quando arrivò all'età di 40 anni si fece fare un'operazione e riacquistò la vista.
- E cosa ha provato?
- All'inizio era felice, incantato... Facce, colori, paesaggi... Ma poi tutto cominciò a cambiare: il mondo era più brutto di come se lo era immaginato. Nessuno gli aveva mai detto quanto sporco fosse, quanta miseria... Vedeva squallore dappertutto. Quando era cieco attraversava la strada da solo, con un bastone. Dopo aver riacquistato la vista, lo prese la paura. Cominciò a vivere nell'oscurità, non usciva più di casa. Dopo tre anni si tolse la vita. (lunga pausa) Ma tu che ci fai qui con me? (pausa; bacio)
(dialogo marocchino fra Nicholson e Maria Schneider, verso la fine)
Il protagonista del film dice apertamente di non credere alle coincidenze, al caso. Il fatto che io abbia visto questo film il 3 di maggio, dopo tanti anni, non è sicuramente una coincidenza. Questo remake del Fu Mattia Pascal è uno dei film più belli di Antonioni.
(maggio 2000)
(continua)

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