martedì 16 agosto 2011

Michelangelo Antonioni ( III )

L'eclisse
Marta ha nostalgia del Kenya.
Vitti: Forse laggiù si pensa meno alla felicità! Le cose devono andare avanti un po' per conto loro, no? sbaglio?
Marta: No.
Vitti: Qui invece è tutto una gran fatica. Anche l'amore.
L’eclisse non è bello come altri film di Antonioni, ma può andare. Monica Vitti è cotonata, e anche lei è meno bella che altrove; e poi non c’è Mastroianni. Al suo posto, Alain Delon che interpreta un figlio di papà che fa l’agente di borsa a Roma. Insomma, tutto è un po’ così, la storia d’amore di questa ragazza annoiata è un po’ noiosa anche per noi «Perché dici sempre “non so”? E perché vieni sempre con me?» le chiede Delon. Lei non risponde ma è chiaro: non sa che cosa fare, e lui è un bel ragazzo. Però dirlo apertamente nel film non sta bene, e lei risponde con un «Vorrei non amarti» falso come un fotoromanzo. E difatti così gira la scena Antonioni, come se fosse un fotoromanzo.
Gran parte del film è girata in Borsa. Ottima Lilla Brignone, “malata di borsa”, che se la prende col centrosinistra appena nato. Monica Vitti fa una “danza negra”, l’amica del Kenya le dice che i negri sono come le scimmie. La “kenyana” è Mirella Ricciardi, l’altra amica è Rosanna Rory. Monica Vitti segue l’uomo che ha appena perso 50 milioni, lui si ferma al bar, fa dei disegni su un foglio. Sul foglio, che la Vitti raccoglie, ci sono dei fiori. Poi c’è la spider rubata, che finisce in acqua e che viene ripescata (con il morto). E il minuto di silenzio in Borsa. (marzo 2001)
E’ un capolavoro nella sua prima parte, e una pizza nella seconda (cioè da quando entra in scena da protagonista Alain Delon: ma anche Rabal, all’inizio, non scherza...). Da ricordare: Monica Vitti che “fa la negra” in casa dell’amica kenyana e la lunga sequenza in Borsa. E la Brignone, grandissima. Ma Antonioni era in stato di grazia, e in tutto il film le immagini sono splendide, e la narrazione per immagini è da manuale (il tempo in scorrimento, “scolpire il tempo”) Chi somigli ad Antonioni? Forse un po’ Moretti, qua e là. La Vitti è meno bella che in L’avventura e in Deserto rosso, ma sempre grande. Fa un po’ effetto vedere dalla parte dell'adulto questi anni ’60 nei quali ero bambino...La prima parte faceva un po’ pensare a “Professione reporter”. (luglio 1993)
Il grido
Lo si può apprezzare solo come tappa di approdo a qualcosa (L’avventura, Deserto rosso...) che sarebbe seguito. Il film è in realtà molto noioso, ma contiene germi interessanti, c’è anche un po’ il Wenders migliore, residui di neorealismo e documentarismo La sera prima avevo visto “Gente del Po”, primo film di Antonioni, un documentario breve del 1940, ed è quasi lo stesso film. Il suicidio del protagonista (si chiama Aldo) mi richiama un po’ un film di fantascienza, uno di Val Guest, quello che si svolge nella raffineria, e un po’ quel film di gangster con James Cagney che nel finale salta in aria su un impianto per qualche produzione che non so non mi ricordo più cos’era. Monica Vitti doppia l’attrice che fa la benzinaia, Steve Cochran è così noioso che quando muore si è perfino contenti perché finalmente il film è finito, e non si capisce bene come mai trovi quattro donne in due ore, e tutte giuste. Si capisce bene, invece, perché Alida Valli lo pianta. (Tra questo qui e “Moderato cantabile” di Peter Brook ho usato parecchio lo scorrimento veloce). (ottobre 1990)
Identificazione di una donna
Oscilla tra il film fesso e il grande cinema. Lo si guarda perché Antonioni è un maestro, ogni sua inquadratura è un incanto e una lezione di cinema, il tempo scorre denso nei suoi fotogrammi. Lo si guarda volentieri anche per la bellezza della Silverio e della Wendel; però il soggetto è da film fesso, e che il dio del cinema mi perdoni. (anno 1993)
Le amiche
Girato nel 1955, dimostra che Antonioni è sempre stato un maestro, anche se i suoi soggetti non sono sempre all’altezza. Questo ad esempio è un film falso, e la sua protagonista Clelia non è certo migliore delle altre “signore in pelliccia”. Si segnala anche Valentina Cortese, in una parte dimessa che non mi sarei aspettato da lei. Però il film è davvero girato bene, scritto e raccontato altrettanto bene, e gli attori recitano in maniera ideale. Se il soggetto, degno dei Vanzina anche se è tratto da Pavese, riesce a sembrare bello e interessante, è ragione per rendere omaggio al talento di Antonioni. (settembre 1993)
Al di là delle nuvole
E’ davvero un Antonioni: purtroppo, l’ultimo Antonioni, quello di Identificazione di una donna. L’episodio con KRS è condotto in modo ridicolo, idem quello con la Ardant e l’appartamento vuoto, gli altri così così, piuttosto bello solo il finale (“domani entro in convento”). Molto bella la fotografia, e i luoghi scelti come set. Mi dispiace doverlo dire, ma avevano ragione a ridere quei ragazzi dietro di me, al cinema. (settembre 1995) 
“Un progetto che prevedeva storie europee, brevi, condensate e compatte come haiku giapponesi” dice Antonioni all’Espresso 11.09.1995. (Mah, sarà...)

spot per la Nannini
Michelangelo Antonioni, un quarto di secolo fa, girò lo spot (filmino) per la “camera a gas” di Gianna Nannini. Nulla di memorabile, un videoclip come tanti, non si direbbe proprio che sia opera di Antonioni.
(agosto 2007)
- Hollywood è come stare da nessuna parte e parlare con nessuno di niente.
(Michelangelo Antonioni, citazione da RCTV anno 1995)
«Bel regista Antonioni. Ha una Flaminia Zagato, una volta sulla fettuccia di Terracina mi ha fatto tirare il collo.» (battuta di Vittorio Gassman, dal “Sorpasso” di Dino Risi) (citato su L’Espresso 9 agosto 2007)
A proposito di Antonioni
Ho seguito con un po’ di noia (e anche fastidio, a volte) il profluvio di luoghi comuni seguiti alla morte quasi contemporanea di Bergman e di Antonioni, quest’estate. In particolare mi ha disturbato il richiamo alla mancanza di emozioni e alla noia che ispirerebbero i film di Antonioni. Non che la notazione in sè sia sbagliata, ci mancherebbe: ha anzi in sè molto di giusto, ed è una critica più che legittima. Mi ha disturbato che si sia approfittato di questo aspetto per fare una colpa ad Antonioni di essere stato troppo personale, di non aver fatto quello che ci si aspettava da lui, di non essere andato dietro agli umori del pubblico pagante.
Antonioni ha fatto i film che voleva fare. Era un grande artista, e ai grandi artisti è permesso fare quello che vogliono, con le loro creazioni. Anche agli altri è permesso, ma la differenza va rimarcata. Invece pare che si voglia livellare tutto, piallare ogni piccola sporgenza e adeguare tutto ai gusti di questo e di quello. A me piacciono le differenze, mi piace Antonioni così come mi piace Totò, sono contento perfino che ci siano Massimo Boldi e Christian De Sica, perché fanno ridere e perché più c’è varietà e più il mondo è bello e vale la pena di viverci. Questo è un mondo dove sempre più specie si estinguono, e un altro Antonioni non ci sarà più. Spariscono gli ippogrifi, gli unicorni, i pappagalli, gli uccelli del paradiso, gli orsi delle caverne, le tigri dai denti a sciabola, spariscono le libellule, le lucciole, i bradipi e gli elefanti, spariscono perfino le mucche e le farfalle, rimangono solo i cani da appartamento, i gatti castrati, i ratti e gli scarafaggi. C’è un gigantesco progetto di normalizzazione in corso: con gli animali siamo a buon punto, con il cinema è ormai cosa fatta. A meno che non si svegli il popolo di internet, e non venga soffocato: oggi la tecnologia è a portata di tutti, in teoria tutti possono realizzare un capolavoro con poca spesa. Però questo è un altro discorso, per intanto prendo atto di quello che succede; poi chiudo e passo la parola, perché di opinioni ce ne sono tante ed è giusto che io – elefante antidiluviano – venga qui, faccia il mio numero (un bel barrito con la proboscide alzata), e poi lasci spazio anche agli altri.
(dall'altro blog, anno 2007)

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