venerdì 9 dicembre 2011

John Huston ( III )

Gli spostati – The misfits (1961)
Questo film, l’ultimo di Clark Gable e uno degli ultimi di Marilyn Monroe, è già nell’archivio del blog.
Freud, passioni segrete - Freud, the secret passion (1962. M.Clift, S.York)
Devo ripetere qui quello che ho già scritto nei post precedenti: “Un altro film che non vedo da moltissimi anni. Fino a pochi anni fa i film di Huston e di tutti i grandi registi erano molto facili da vedere in tv, e piacevano un po’ a tutti; non riesco a capire come mai siano completamente scomparsi dalla programmazione. O meglio, lo capisco benissimo: sono gli effetti di venticinque anni di disinformazione e di pubblicitari nei posti di comando, gli stessi effetti che hanno avuto come causa l’attuale gravissima crisi economica. Dicono che la crisi viene da fuori, io direi che viene dall’ignoranza e dalla presunzione, e anche dall’ideologia liberista dominante. Ma qui sto parlando di cinema, passo al prossimo film anche per non stare troppo male al pensiero di cos’hanno combinato (non dico chi, ma penso che si sia capito).”
Freud è interpretato da Montgomery Clift, accanto a lui Susannah York. L’unica volta che ho visto film, e l’ultima, credo che risalga al 1990.
I cinque volti dell’assassino – The list of Adrian Messenger (1963)
Questo film è già nell’archivio del blog, ed è uno dei miei “classici” personali, una mia piccola passione fin da quando ero bambino.
La notte dell’iguana - The night of the iguana (1964)
Un altro film che non vedo da una vita, con Deborah Kerr e Ava Gardner. Nel 1992 mi ero segnato questo appunto: «Il difetto è forse in Tennessee Williams, l’inizio è tutto di Huston che si diverte un sacco a farci vedere Burton sul pullmann delle zitelle (e diverte anche chi guarda il film). Il finale, bolso, anche se Morandini (pag. 89) dice che è opera di Huston (un lieto fine) a me pare tutto di Williams; non privo di cose notevoli (il personaggio della Kerr è molto bello, anche quello della Gardner). Burton qui è molto misurato e sornione: grandissimo, quando lo voleva. Sue Lyon rifà Lolita senza tragicità, con sublime scemenza di ragazza ricca e bella; Grayson Hall (miss Fellows) è un’eccellente cattiva; Cyril Delevanti è il nonno, poeta di 97 anni; James Skip Ward era l’autista e somigliava molto a Kevin McCarthy. Dice ancora Morandini: “un film di attori dove i personaggi contano più dell’azione drammatica”.»
La Bibbia – In Principio (1966)
E’ uscito quando io andavo alle elementari, la campagna pubblicitaria fu imponente, qualcuno cercava di spacciarlo per un film edificante a soggetto religioso, c’era la raccolta delle figurine, sulle copertine dei quaderni di scuola c’erano delle illustrazioni dal film e i miei compagni cercavano già quello con “la donna nuda” (Eva, ma ovviamente era molto in ombra) cioè quello che probabilmente le mamme evitavano di comperare. Visto (quasi) per intero in anni più recente, non è male ma rimane forte l’impressione del pastrocchio. Dovrei comunque vederlo nell’edizione originale, di sicuro qualcosa di buono c’è.
John Huston, autobiografia
La domanda successiva era invariabilmente: “Crede in Dio?”. La mia risposta suonava più o meno così: all’inizio il Signore era innamorato del genere umano, e di conseguenza ne era geloso. Chiedeva continuamente all’uomo di provargli il suo affetto per lui: ad esempio, quando vuol vedere se Abramo è disposto a sgozzare suo figlio. Ma poi, col passare dei millenni, il Suo amore si raffreddò, ed Egli assunse un nuovo ruolo, quello di una divinità benefica. Tutto ciò che un peccatore doveva fare era confessarsi e dire che era pentito, e Dio lo perdonava. La realtà era che Dio aveva perso interesse. Questa fu la seconda fase. Ora, sembrerebbe che ci abbia dimenticati del tutto; probabilmente è occupato con la vita di qualche altro pianeta. da qualche parte dell’universo. E’ come se noi, per quel che lo riguarda, avessimo cessato di esistere. Forse è proprio così. La verità è che io non professo alcun credo, non in senso ortodosso. Mi sembra che il mistero della vita sia troppo grande, troppo vasto, troppo profondo per far altro che meravigliarsene. Andare oltre sarebbe, per quel che mi riguarda, presuntuoso.
autobiografia di John Huston, pagine 399-400
Morando Morandini, dal “Castoro Cinema”:
Come e perché l'agnostico Huston s'imbarca su questo supercolosso biblico? Lasciamogli la parola: « Mi si domanda ogni giorno se sono credente, e io rispondo che non ho nulla in comune con Cecil B. De Mille. In verità trovo che sia un'impudenza folle speculare sull'esistenza di un qualsiasi Dío. Sappiamo che il mondo è stato creato e che continua ogni giorno a crearsi. Non penso a questo genere di problemi, mi preoccupo soltanto di quel che esiste sotto i miei occhi. Credo, tuttavia, che tutto quel che l'uomo costruisce, crea o edifica sia religioso. Quando dipinge, un pittore è religioso. La sola religione alla quale potrei credere è la creazione. Ecco perché m'interesso alla Bibbia in quanto mito universale e supporto di molteplici leggende. La Bibbia è una creazione collettiva degli uomini, destinata a risolvere provvisoriamente, in forma di favola, un certo numero di misteri troppo inquietanti per il pensiero di un'epoca non scientifica. Perché gli uomini si esprimono in lingue diverse? La leggenda di Babele dà una risposta al problema. Chi erano i nostri antenati? Certamente creature più belle, intelligenti, nobili di noi. Questo irrazionale desiderio dei primi uomini che ignoravano le realtà dell'evoluzione ha creato la leggenda di Adamo ed Eva, il mito del Paradiso Terrestre. Per me la Creazione è qualcosa di permanente [... ] Voglio che il mio film tocchi la gente a un livello subcosciente e istintivo. Qualunque cosa pensiate, le autorità ecclesiastiche hanno così paura delle controversie dogmatiche che preferiscono vedere un ateo che filma la Genesi piuttosto che affidarlo a un cattolico. Sono persuaso che se non avessero trovato un ateo, si sarebbero accontentati di un ebreo» (intervista su « Positif », 1965, n. 70).
Questo sberleffo hustoniano col quale si equiparano le autorità ecclesiastiche a un produttore, identificando l'esecutore con i suoi garanti (o mandanti?), può essere utilmente messo a confronto con le storiche dichiarazioni di De Laurentiis: « Se dicessi adesso che ho prodotto La Bibbia per diffondere la conoscenza delle Scritture, forse sarei frainteso; ma se dico che ho ritenuto doveroso, utile, soprattutto storicamente necessario diffondere la conoscenza delle Scritture in questo particolare momento della storia del mondo, dico qualcosa in cui credo profondamente [...] La sceneggiatura del nostro film segue fedelissimamente il testo [...] Persino i dialoghi sono, fino al limite del possibile, autentici [...] La parte del produttore, specialmente a film finito, è quella del silenzio. Nella quale parte c'è dentro di tutto: l'umiltà dell'artigiano e l'ambizione di chi si sente alla fine responsabile unico di tutto quel che è accaduto e lascia parlare i fatti ». Ridiamo la parola a Huston: « Tutte le chiese [... ] riconoscono tacitamente oggi che la Bibbia è un miscuglio di miti, di leggende e di Storia. E come tale la Bibbia è unica nel tesoro umano. E’ la prima storia d'avventure, la prima storia d'amore, il primo poliziesco a suspense e anche il primo racconto di una fede. Noi l'abbiamo trattata come una leggenda nel senso nobile della parola [...] I dialoghi sono in "King James English ", inglese antico del xvii secolo, assai bello. E’ stata la sceneggiatura di Fry che mi ha convinto a fare il film.
castoro cinema pag.91-93
Riflessi in un occhio d’oro – Reflections in a golden eye (1967)
Un altro film che è già nell’archivio del blog.
La forca può attendere – Sinful Davey (1969)
Visto in anni lontani, ne ho solo un vago ricordo. Con John Hurt e Pamela Franklin.
Di pari passo con l’amore e la morte – A walk with love and death (1969)
Ho uno strano rapporto con questo film, perché ogni tanto qualcuno si ricorda di mandarlo in onda, penso su LaSette, di regola alle tre di notte. Mi interessa molto, ma ogni volta che cerco di registrarlo succede qualcosa del genere: a) si blocca il registratore b) il film inizia molto in ritardo e perdo il finale c) il film inizia molto in anticipo e perdo l’inzio d) il film viene sostituito con qualcosa d’altro. Eccetera. Chissà se è un mio fatto personale, o se capita anche ad altri.  I protagonisti sono Anjelica Huston, figlia del regista, e Assaf Dayan, figlio di Moshe Dayan, ministro della Difesa e generale israeliano, un volto famosissimo negli anni ’70.
Lettera al Kremlino- The Kremlin letter (1969)
Fat city – Città amara (1972)
Questi due film sono già nell’archivio del blog.
L’uomo dai sette capestri – The life and times of Roy Bean (1972)
Nel 1991 o 1992 mi ero segnato questo appunto: «Si vede che è Huston: tono epico e sarcastico, grandi attori (Newman ma anche la Principal, quando tira fuori il fucile, e “Bad Bob” alias Stacy Keach...), narrazione “da ballata”, molto personale. Penso che sia stato un punto di riferimento per Peckinpah e il suo Cable Hogue. Il finale è un po’ sballato.»
L’agente speciale MacKintosh – The Mackintosh man (1973 P.Newman, D.Sanda)
Con Paul Newman e Dominique Sanda. Nel 1990 o 1991 mi ero segnato questo appunto: «Film di bel ritmo e per tre quarti assai ben scritto. Il finale è fiacco e non sta in piedi, ma ciò rientra nella tradizione del giallo e dei film di spie (l’avere dei buoni intrecci e dei pessimi scioglimenti). Si vede la mano di Huston, soprattutto all’inizio. Nettamente superiore a tutti i Bond e al Sipario strappato di Hitchcock, rimane comunque un film minore di Huston (che ha girato anche un Bond...). Belle le musiche di Jarre. »
(continua)

Nessun commento: