venerdì 9 dicembre 2011

John Huston ( IV )

L’uomo che volle farsi re – The man who would be king (1975)
Un film che amo moltissimo, e che è già da tempo nell’archivio del blog.
Wise blood – La saggezza nel sangue (1979)
E’ uno strano film del 1979, sui predicatori.Il protagonista, un eccellente Brad Dourif, è quasi una maschera (“sembri un predicatore” gli dicono all’inizio: “quello è un cappello da predicatore”). Più avanti la ragazza gli dirà: “...in quei tuoi occhi così belli c’è solo spazzatura, come nei miei; solo che a me piace.” Il film sembra scritto da James Purdy, invece è opera di Flannery O’Connor (che non conosco). Bel personaggio, il predicatore cieco-non cieco, per Stanton, che ne fa un’ottima ed inquietante interpretazione. D’altrondo tutti recitano magnificamente i loro personaggi, e il film è tutt’altro che brutto, forse è solo irrisolto. Specchio del film è il personaggio di Dan Shor, quello che ruba la piccola mummia dal museo e il costume del finto gorilla Gonga: un’ottima interpretazione, un personaggio curioso, ma non si sa bene cosa dire. (appunto del 1994)
Fuga per la vittoria – Escape to victory (1981)
Sotto il vulcano- Under the volcano (1983)
Altri due film che sono nell’archivio del blog: una fetecchia e un capolavoro.
Annie (1982)
L’onore dei Prizzi – Prizzi’s honour (1984)
Due film che non mi attirano molto, e che comunque vorrei vedere in edizione originale, non doppiati. Il primo è un musical, il secondo un film sulla mafia: i musical doppiati sono stucchevoli, i film sulla mafia doppiati in finto broccolino sono un orrore.
The dead – Gente di Dublino (1987)
Un capolavoro, che da appassionato di Joyce non potevo perdere. Prima o poi porto a casa il dvd, e me lo guardo con calma. Per oggi riporto quello che ne scrivevo appena uscito dal cinema, nel 1987: « Uno dei film più belli dell’anno. Era un’impresa ardua rendere Joyce, ma Huston c’è riuscito superando quasi senza danni il difficile finale (e siccome era difficile bisognna essere comprensivi e generosi; inoltre bisognerebbe ascoltare Anjelica con la sua voce, e non la doppiatrice). Il finale, appunto, con il protagonista che recita Joyce come se fosse poesia, rimandava stranamente a Tarkovskij. Tutto il film ha questo clima di poesia, il che può stupire in Huston. E’ un film che non piacerà e che avrà pochi spettatori, perché è fondato sulla mancanza di azione ed è quasi totalmente teatrale: ma è così che andava fatto, e se non piace ai teledipendenti pazienza. Lode al doppiaggio, molto bello e “caldo”. Mentre guardavo “The dead” (The dead è plurale, quindi la traduzione “I morti” è correttissima) ho notato che gli altri spettatori erano molto attenti e concentrati; solo nel finale, quando Conroy pensa al prossimo funerale, sono arrivati parecchi colpi di tosse, ripetuti poco dopo. In effetti, in platea ero uno dei più giovani; quasi tutti avranno ripensato, più o meno consciamente, a fatti simili successi a loro familiari. E così ho represso sul nascere il moto di stizza che di solito mi sorge con questi colpi di tosse, a teatro; e mi è sembrata invece una cosa degna di nota, un segno che Huston e Joyce sapevano bene dove stavano andando a parare. Ripenso poi al cinema Adria, e a come hanno interrotto “The dead” (e già interromperlo è grave, ma passi) e nell’intervallo hanno proiettato un lungo spot di El Charro “giovanilistico e rockettaro ma con grazia”: visto il film che stavano proiettando è stato un pugno alla bocca dello stomaco per il povero spettatore. Vista la faccia della cassiera (che evidentemente non si interessa a queste cose) non ho perso tempo a protestare, ma qui era il caso di fare casino: ho pagato ottomila lire di biglietto, fatemi vedere il film come si deve! Il cinema Adria, in piazza Erculea, si presenta male già dal principio: un grande cartello indica che “in questo cinema si può fumare”...» (novembre 1987)
(continua)

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