domenica 29 gennaio 2012

L'armata Brancaleone

L’armata Brancaleone (1966) Regia di Mario Monicelli Sceneggiatura di Agenore Incrocci, Mario Monicelli, Furio Scarpelli. Fotografia di Carlo Di Palma Musica: Carlo Rustichelli Con Vittorio Gassman, Gian Maria Volontè, Catherine Spaak, Folco Lulli, Maria Grazia Buccella, Barbara Steele, Enrico Maria Salerno, Carlo Pisacane, Ugo Fangareggi, Gianluigi Crescenzi , Fulvia Franco Durata: 120 minuti
Brancaleone alle crociate (1970) Regia di Mario Monicelli Sceneggiatura di Agenore Incrocci, Mario Monicelli, Furio Scarpelli. Fotografia di Aldo Tonti. Musica: Carlo Rustichelli. Con Vittorio Gassman, Adolfo Celi, Stefania Sandrelli, Beba Loncar, Gigi Proietti, Lino Toffolo, Paolo Villaggio, Gianrico Tedeschi, Pietro De Vico, Shel Shapiro Durata: 116 minuti

«Aspettate, gente codarda; aspettate, gente miserabile; che non ci ho colpa io se son steso qui a terra, ma il mio cavallo!»
No, non è un dialogo tratto da “L’armata Brancaleone”: è il Don Chisciotte, parte I, capitolo secondo. Se non ci credete e volete verificare, padroni: ma Cervantes è pieno di dialoghi che sembrano tratti dal film di Monicelli, non c’è nemmeno bisogno di cercarli tanto. La cosa buffa è che di solito sono i dialoghi di Sancio quelli che meglio si adattano al valoroso cavaliere interpretato da Gassmann – ma non è poi così strano, a pensarci bene.
Certamente le fonti di ispirazione per Brancaleone sono state tante, ma il Don Chisciotte lo metterei in prima fila. Poi c’è il Kikuchiyo di Kurosawa (da “I sette samurai”: i costumi di Gassmann sono spesso orientaleggianti), e il divino Ariosto con l’ippogrifo della sua fantasia, e sicuramente Bergman (Il settimo sigillo, La fontana della vergine) per il dialogo con la Morte e per l’accurata ricostruzione del mondo medievale, e tante altre cose belle; ma soprattutto direi che “Brancaleone alla crociate” è una bella mano di tarocchi, ben giocata. Ci sono quasi tutte le figure: l’appeso (Brancaleone a testa in giù), il re di Adolfo Celi, la strega e il bagatto, la Morte, basta cercarli e si trovano tutti, gli arcani dei tarocchi, magari un po’ nascosti ma ci sono.
“L’armata Brancaleone” uscì nei cinema quando io ero molto piccolo, penso che mi sia arrivata prima la colonna sonora (impossibile non ricordarsela), e solo in seguito il film, che ho guardato in tv, penso nei primissimi anni 70, divertendomi ma senza capirci molto: molto scene sono per adulti, non tanto per il contenuto quanto perché richiedono molte letture, necessarie per capire pienamente i rimandi culturali (molto alti, e anche rari: Monicelli in alcune sue interviste ne ha fatto un elenco, che va da Dante ai grandi classici cinquecenteschi, passando per le vite dei Santi e per Jacopo da Varagine ).
I film di Brancaleone sono due, “L’armata Brancaleone” del 1966 e “Brancaleone alle crociate” del 1970: io me li confondo allegramente, ogni volta mi aspetto di trovare qualcosa che è invece nel film precedente o successivo, e solo fermandomi a ragionare sugli attori (amatissimi) riesco a sistemare bene tutti gli episodi. Per esempio, Carlo Pisacane è sicuramente nel primo film, e Paolo Villaggio è sicuramente nel secondo: l’anagrafe parla chiaro, e l’esordio in tv di Paolo Villaggio, nel 1968, me lo ricordo anch’io. Così come è sicuramente nel primo film il principe bizantino di Gianmaria Volonté, perché poi questi personaggi Volonté non li ha più fatti (ed è un peccato, il principe bizantino di Volonté mi fa morir dal ridere ogni volta che ci penso: soprattutto quando arrivano davanti a suo padre per il riscatto...). Impossibile da dimenticare anche la scena fra l’eremita Gianrico Tedeschi e il penitente Gigi Proietti; o l’interprete veneziano di Lino Toffolo; la faccia da lanzichenecco di Ugo Fangareggi; e le donne, brave e bellissime; i due predicatori (presi di peso da Bergman, Il settimo sigillo) Enrico Maria Salerno nel primo film e Shel Shapiro nel secondo.
E su tutti, ovviamente, l’enorme prova di bravura di Vittorio Gassman, sulla quale mi permetto di fare un’unica osservazione, che è questa: Gassman aveva alle spalle decenni di grande teatro, con Luchino Visconti. E non teatro per modo di dire, ma le grandi tragedie classiche, Vittorio Alfieri, cose difficili. Con Gassman, e con Visconti, recitavano in teatro attori come Marcello Mastroianni, come Paolo Stoppa, Romolo Valli. Era questo il background dei nostri attori, la grande cultura, la curiosità intellettuale, la voglia di fare cose difficili e impegnative. Oggi tutto questo si è perso, non esiste nemmeno più la possibilità che ebbero Ugo Tognazzi e Nino Manfredi, il teatro di varietà: si canta col microfono, spesso in playback, davanti a un pubblico abituato alla tv. Negli ultimi anni, invece di Gassman abbiamo avuto Abatantuono, invece di Manfredi abbiamo avuto Massimo Boldi, invece di Vittorio De Sica, suo figlio Christian: siamo passati dalla preparazione professionale del grande teatro a quella del varietà televisivo. La differenza c’è, e solo un pubblico di bocca buona può non accorgersene.
Un’ultima osservazione: i direttori della fotografia nei due film, Carlo Di Palma e Aldo Tonti, grandissimi tecnici delle luci, lunghi anni con Fellini e con Antonioni, un futuro a Hollywood per Di Palma, un’altra grande scuola di alto artigianato che è andata in gran parte perduta.
Su Brancaleone non c’è mai stato molto da prendere appunti, o da spiegare; se ci ritorno sopra è solo per il piacere di ritrovarmelo davanti, e di fare ancora un po’ di strada in sua compagnia. Ma c’è una cosa che mi è sempre piaciuta molto e che avevo trascritto da tempo; è il dialogo di Brancaleone con la Morte, che si trova all’inizio del secondo film, subito dopo il massacro della spedizione che aveva seguito il predicatore in partenza per le crociate, e alla quale pochi sono sopravvissuti, ma solo perché erano finiti sotto la barca capovolta.
Brancaleone: E voaltri, voaltri, rognosi! Come osaste voi restar vivi fra cotanti morti? Chi vi dette tanto infame coraggio?
Uno dei sopravvissuti: E a te, chi te lo dette? Te, campi come nui altri.
Brancaleone: No, eh! stupido cieco! Non come voaltri... (pausa) Onta, onta su di me! Che l’onta mi sommerga e mi soffochi! Che mi sia tolta la colpa d’essere vivo fra cotanti morti!
(si allontana, verso il deserto)
Brancaleone (solo, nel deserto): Vieni, Morte, bella Morte: piglia anco me! Orsù, che indugi? Io ti invoco, tu non mi spaventi! Che è mai la vita? Un breve romore, seguito da un fiato ammorbante... E però vienimi, vieni Morte! Strappami ad essa, ti affretta! Che fai, Morte? Tentenni? Presto, accorrimi, più non reggo! Io te l’impongo!
La Morte: Son qua.
(la morte parla con accento toscano)
- Chi è ? Chi tu sie ?
- Son la tua morte. Non mi chiamasti?
- Io?
- Sì. Fosti tu ad invo’armi.
- Ah... sì... son parole che sfuggono nell’empito dei sentimenti... Che si sape, mai furon prese a serietà.
- D’ora innante lo saranno. Preparati a morire.
- Lo come? In su l’istante?
- (ride) O che s’aspetta? Io ci sono, tu ci sei... Ti fo scegliere: un coccolone? Peste improvvisa? Vermiculite? Ovvero un fulminante disciogliersi del corpo?
- (ride, rinfrancato) Le misere proposte... Brancaleone deve avere una morte gloriosa, con l’arme in pugno et per causa iusta. Questo mi spetta: son cavaliere.
- Come tu vuoi. Hai tempo le sette lune, trascorse le quali io verrò a ti pigliare, dove unque et come unque.
- Sette lune! Mi basta l’arco di un sol jorno per trovare la mia degna morte.
- Quand’è così voglio aiutarti. Le cinque miglia da qui, il loco detto Ponterragno, stassi per compiere un delitto contra uno innocente. Tu tenta salvarlo, et havrai così gloriosa morte. Io là sarò tra minuti dieci. Procedi!
- Dieci minuti, col caval mio Aquilante? Facimo in fra un’oretta, et ivi sarai mia. Birba chi manca!
- Birba!
(Al loco detto Ponterragno troveremo Paolo Villaggio, l’alemanno a guardia del ponte.)
Ed è quasi filosofica la gaffe clamorosa che aveva portato i crociati a quel punto:
“Grande la fede, stretto lo mare!” dice il predicatore (Shel Shapiro) all’inizio del film: ma non era il mare, era un lago. E’ per questo che l’altra sponda del mare è arrivata così presto...
PS: però c’è un’altra cosa che va ricordata: i titoli di testa, ad opera del grandissimo, e amatissimo, Emanuele Luzzati.

2 commenti:

Matteo Aceto ha detto...

I titoli di testa, in effetti, con quella musica e quei disegni, sono un capolavoro nel capolavoro.
Dei due film, preferisco comunque il primo, semplicemente perché mi piacciono di più i singoli componenti dell' "armata", rispetto a quelli della sua seconda edizione, per così dire.

Giuliano ha detto...

Emanuele Luzzati era un grandissimo artista, anzi direi: ARTISTA, tutto maiuscolo. E aveva una qualità naturale che hanno in pochi, roba che non si impara: grazia e leggerezza (nel senso che dà a questa parola Italo Calvino, Lezioni Americane).
Nel secondo c'è il discorso di Brancaleone con la Morte, è questo che me lo fa preferire. E anche "grande la fede, stretto lo mare!" mi fa morir dal ridere ogni volta che ci penso
:-)