lunedì 20 febbraio 2012

Il piccolo Buddha ( VI )

Il piccolo Buddha (Little Buddha, 1993) Regia di Bernardo Bertolucci. Scritto da Bernardo Bertolucci, Mark Peploe, Rudy Wurlitzer. Fotografia di Vittorio Storaro. Musiche tradizionali tibetane, di Arvo Part (Sarah was 90 years old), canzoni americane. Musiche per il film di Ryuichi Sakamoto. Girato a Seattle (Usa), nel Bhutan e in Nepal.
Interpreti: a Seattle: Chris Isaak (Dean Conrad), Bridget Fonda (Lisa), Alex Wiesendanger (Jesse), Jo Champa (Maria). I monaci: Ying Ruocheng (Lama Norbu) ven. Geshe Tsultim Gyelsen (Lama Dorje), Jigme Kunsung (Champa), Thubtem Jampa (Punzo), Sogyal Rinpoche (Kenpo Tenzin, monaco di Seattle), ven. Khyongla Rato Rinpoche (Abbot). A Katmandu e in Nepal: Raju Lal (Raju), Greishma Makar Singh (Gita). La Storia di Siddharta: Keanu Reeves (Siddharta), Rajeshwaree (la moglie di Siddharta, Yasòdhara), Santosh Bangera (Channa, amico di Siddharta) Anupam Shyam (il demone Mara), Rudaprasad Sengupta (padre di Siddharta, re Suddhodana), Kanika Pandey (madre di Siddharta, regina Maya)
Durata: 141 minuti

Bertolucci sul “Piccolo Buddha”:
«Lasciai l’Italia all’inizio degli anni ’80, quando mi resi conto che le profezie di Pasolini sull’omologazione culturale e sul cinismo imperante si erano realizzate. La mia macchina da presa non avrebbe avuto nulla da filmare, me ne andai il più lontano possibile, in Cina, in Africa, nel Nepal...(...) Durante le riprese del Piccolo Buddha arrivai in un monastero sperduto sull’Himalaya, alla confluenza di due fiumi. Come si chiamano? chiesi alla guida. Il Mo e il Po, mi rispose, spiegandomi che Mo è il principio femminile e Po è quello maschile. (...) »
(Bernardo Bertolucci, dal cds 26.10.1994)
Per anni ho praticato l’analisi, e gran parte dei miei film dovrebbero portare in testa gli “special thanks” al mio psicoanalista. Certo, sul lettino l’ego è il protagonista, mentre Siddharta insegna che l’illuminazione giunge solo quando quell’io viene messo a tacere. Mara, la forza del male, tenta il Buddha mostrandogli la sua immagine riflessa nell’acqua; ma anche il dottor Freud insegna a tener sotto controllo l’ego, a considerare noi stessi come il prodotto del nostro passato, delle nostre “vite” precedenti (....) Prima ancora di iniziare a scrivere il soggetto sono andato dal Dalai Lama, la più alta autorità buddista, a chiedergli il permesso.Gli ho detto: “Sono ateo, non sono credente, non sono buddhista”. E lui mi ha risposto: “Molto meglio”. (...)
- Che cos’è il senso del sacro, al cinema?
- Il sacro era il modo, la cifra di Pierpaolo Pasolini. Quando facevo l’assistente in “Accattone”, Pierpaolo mi diceva sempre che i primi piani fissi e frontali dei papponi romani erano come i santi delle pale d’altare del Quattrocento. Lui parlava di “sacra frontalità”. Quando diressi il mio primo film, “La commare secca”, ebbi il problema di diversificarmi da Pierpaolo, e mi resi conto che io non ero frontale, ma abbracciavo le cose e i personaggi nei loro ambienti. (...) Si potrebbe dire che l’analisi è la forma occidentale, moderna, della meditazione; e che la meditazione è come una progressione dell’analisi: io stesso, dopo tanti anni di analisi, ho fatto meditazione trascendentale. Mi sembra che l’intuizione di Buddha, “mettere l’uomo al centro di tutto”, sia stata altrettanto importante della scoperta dell’inconscio da parte di Freud. (??) Un altro punto di contatto: i buddisti, diversamente dagli induisti che parlano di anima, parlano sempre di mente. Anima è un concetto religioso; mente è un concetto laico, filosofico. (...) Nella religione indù in cui è nato Siddharta (...) ci sono quasi venti milioni di dei. E Buddha ha detto “basta con gli dei”, c’è l’uomo al centro di tutto. (...) “Siddharta, l’uomo che dopo un’illuminazione diventerà Buddha”; “Siddharta ha 27 anni, e non è ancora uscito di casa: ignora il significato di parole come malattia e vecchiaia”; “Siddharta esce di sua iniziativa, mentre Pu Yi viene cacciato, anche se è ben felice di uscire.” (...) Il mio problema con il cinema italiano è che anche le persone con più talento hanno ambizioni mediocri”
(Bernardo Bertolucci, dal cdsSette, 10.12.1993)
Bertolucci è onnivoro e internazionale; sa mettere a frutto le indicazioni alte e prendere un po’ da tutto. (...) E in questo film giunge al massimo di fare l’elogio alla forma-vuoto con un tutto-pieno ricchissimo, fastosamente oleografico, sapientissimo soprattutto quando più è finto ingenuo.
(Goffredo Fofi, su Panorama per Il piccolo Buddha, anno 1993)
(Powell-Pressburger, Narciso nero?)
Dharma: parola sanscrita che indica una legge morale di valore universale; dottrina buddhista.
Buddha. significa “l’illuminato, il risvegliato”. Si chiamava Siddharta Gautama e nacque nel 563 o 565 a.C. vicino alla città di Kapilavastu, che oggi è nel Nepal. Raggiunse l’illuminazione a 36 anni, morì a circa ottant’anni a Kushinagara nel 486-483 a.C. Non lasciò nulla di scritto.
Elemire Zolla sul Buddhismo:
Il buddhismo apparirà a ciascuno secondo il suo destino. (...) Il buddhismo è una sovversione radicale che attorno al 500 a.C. sradicò le certezze più salde: l’attaccamento alla gioia, la credenza nella realtà. Quando i missionari buddhisti inviati da Ashoka nell’Occidente portarono la grande notizia presso di noi, forse qualcuno la introdusse negli insegnamenti di Gesù, che spesso parla come un monaco buddhista, ripete luoghi comuni buddhisti e rifiuta l’offerta di un impero che il diavolo gli fa, al modo stesso del Buddha. (...) Per una certa parte della giornata il monaco buddhista rgomenta con un compagno. C’è tutta una serie di pose da adottare nel farlo (...) Questa dimostrazione dev’essere costante, ininterrotta: i monaci, ripetendo la discussione distruttiva ogni giorno, giungono ad immedesimarsi in essa, a reiterarla naturalmente. Finiscono col sapere fino in fondo, con sovrabbondanza d’argomenti, che la lingua non è in grado di dire la verità. Sfuggono alla presa delle parole imparando ad usarle con abilità travolgente. (...) L’insegnamento dell’insussistenza dell’io è fra i primi e i più fondamentali impartiti dal buddhismo. Come si fa a credere che l’io esista e sia permanente, se risulta da cause ed effetti sempre mutevoli? Come si fa a scambiare per un ente saldo l’arruffio di conscio ed inconscio che produce le nostre infinite personalità?
Elemire Zolla, articolo del 10.12.1993 sul Corriere della Sera
(il buddhismo insegna a pregare, con preghierre meno “svuotate” di quelle che usiamo oggi, e a ridare senso a quelle che crediamo monotone e troppo ripetute; ci insegna a ridare il loro vero significato anche alle nostre preghiere).
da un documentario sulle cerimonie indiane del Khumba Mela:
Guru giovane: Noi crediamo che la mente abbia bisogno di una forma concreta, sulla quale concentra la propria attenzione. Se qualcuno vi dicesse di amare il vostro sè, cosa significa “il nostro sè”? Non lo sappiamo, perchè non lo vediamo, non riusciamo a capirlo. Ma se si dà una forma al proprio sè, che può essere Shiva, Rama o Krishna, o la miriade di altre divinità o esseri, tutto diventa più facile e allora ci si sente attratti da una precisa divinità, per la quale si sente affetto o amore.
Guru anziano: Queste divinità non sono Dio, così come un orologio non è il Tempo. Tuttavia, senza un orologio non si può conoscere l’ora esatta.
(documentario “Khumba Mela”, dalla TSI, TV Svizzera Italiana, anni 90)
- Io t’assicuro, o Sancio, - disse don Chisciotte – che dev’essere qualche sapiente incantatore l’autore della nostra storia, poiché a costoro nulla è nascosto di ciò che si sono proposti di scrivere.
- E come se era sapiente e incantatore! – disse Sancio. – poichè, a come dice il baccelliere Sansone Carrasco, l’autore della nostra storia ha nome Cide Hamete Berenjena.
- Cotesto è un nome di Moro. – rispose don Chisciotte.
- Così sarà – rispose Sancio – giacché ho sentito dire che ai Mori piacciono le melanzane. (Sancio storpia Benengeli in beranjana, melanzana)
(Cervantes, Don Chisciotte, capitolo 2 parte II )

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