mercoledì 4 aprile 2012

L'opera al cinema ( IX )

Un capitolo a parte (anzi, più di uno) meriterebbe la filmografia dei grandi cantanti d’opera; sarebbe però un lavoro da professionista o da ricercatore, e io purtroppo non sono né l’uno né l’altro. Per oggi mi limito a mettere qui qualche dato con l’aiuto fondamentale di http://www.imdb.com/  , poi magari riuscirò a far di meglio, chissà. I nomi che preso in esame per oggi sono quelli di Beniamino Gigli, Gino Bechi, Ezio Pinza, Giacomo Lauri Volpi, Tito Schipa, Maria Callas, Tito Gobbi, Lauritz Melchior; la foto qui sopra ritrae Ezio Pinza con Danny Kaye.
Comincio da un grandissimo tenore: i film di Beniamino Gigli sono 24, dal 1935 di “Non ti scordar di me”, regia di Augusto Genina, fino al 1953 con la biografia di “Puccini”, regia di Carmine Gallone, protagonista Gabriele Ferzetti. Gigli è stato uno dei più grandi tenori del Novecento, uno dei più grandi dell’epoca del disco; molti lo conoscono solo per l’ultima parte della sua carriera, nella quale incise molte canzoni (famosissima ancora oggi la sua interpretazione di “mamma, solo per te la mia canzone vola...”), ma queste sono cose secondarie, Beniamino Gigli è stato davvero un tenore favoloso e gli appassionati d’opera lo sanno molto bene. Gigli nasce a Recanati nel 1890, nel 1914 è già in carriera, nel 1918 debutta alla Scala (con il Mefistofele di Arrigo Boito), e poi prosegue interpretando tutti i maggiori ruoli operistici, sempre con grande tecnica e finezza interpretativa. Passati i quarant’anni, al culmine della fama in tutto il mondo, Gigli comincia a girare film come attore protagonista: sono quasi tutti film piacevoli, leggeri, non particolarmente memorabili, il classico genere di film costruito intorno a un personaggio famoso. I registi e gli sceneggiatori di questi film sono spesso nomi di tutto rispetto nella storia del cinema italiano: come Augusto Genina, per esempio, che girò film d’azione rimasti famosi, e come Carmine Gallone. In questi film il grande tenore appare col suo normale aspetto fisico, cioè quello di un signore elegante, dal fisico un po’ appesantito, che nonostante tutto riesce a far innamorare qualche signorina molto più giovane di lui, eccetera. In altri film appare invece come tenore, o come cantante più o meno famoso, alle volte in palcoscenico. Gigli muore nel 1957; la sua carriera sarà il modello per Luciano Pavarotti, che aveva un timbro di voce simile (ma la voce era nel complesso molto diversa) e che cercherà di diventerà popolare come lui, anche al di fuori del pubblico dell’opera, nella fase finale della sua carriera.
Il baritono fiorentino Gino Bechi gira 13 film dal 1943 al 1968; ma sono più o meno del genere di quelli di Gigli. Anche Gino Bechi, cantante non finissimo ma dotato di una gran volume di voce e interprete di tutti i più grandi ruoli da baritono (Rigoletto compreso), diventò molto popolare con le canzoni: per esempio, “vieni c’è una strada nel bosco”. Bechi, nato nel 1913, era più giovane di Gigli ed è quindi più adatto ai ruoli di innamorato. Di questi 13 film ne ho visti pochissimi, ma ho un buon ricordo (recente) di “Signorinella” , del 1949, regia di Mario Mattoli. Mattòli è stato il regista di alcuni dei film più belli di Totò, Bechi non è un attore e si aggira un po’ impacciato per la pellicola, che è comunque divertente per la presenza di bravi sceneggiatori e di attori veri e molto bravi, come Aroldo Tieri e Antonella Lualdi, più molti ottimi caratteristi.
Un altro grandissimo tenore, Tito Schipa, interpreta 9 film tra il 1933 e il 1952. Penso di non averli mai visti, ne ho un ricordo molto lontano, e comunque non si direbbe che siano film memorabili. Il tenore leccese, uno dei più grandi ed emozionanti nella storia dell’opera, di tecnica inarrivabile e di grande intelligenza come interprete (inarrivabile è probabilmente la parola giusta, in assoluto), era nato nel 1888 e morirà nel 1965; i suoi dischi sono tutti emozionanti, da non perdere; si consigliano soprattutto i più antichi, quelli degli anni ’20 e ’30, che lo vedono in perfetta forma.
Il terzo grande tenore di cui mi occupo oggi è Giacomo Lauri Volpi, all’anagrafe soltanto Giacomo Volpi (probabilmente i “lauri” vengono dall’Aida: tornar di lauri cinto). Romano, nato nel 1893 e morto nel 1979, Lauri Volpi è stato una voce formidabile e cristallina, dagli acuti facili e perfetti. A differenza degli altri cantanti che ho citato finora, Lauri Volpi è rimasto più nell’immaginario degli appassionati d’opera che in quelli di musica leggera; forse anche per questo ha interpretato solo due film, “Il caimano del Piave” del 1951, regia di Giorgio Bianchi con Gino Cervi, Carlo Croccolo e Milly Vitale e “La canzone del sole” del 1933, regia di Max Neufeld, scritto da Giovacchino Forzano (librettista per Puccini e famoso autore di teatro), a fianco di un giovanissimo Vittorio De Sica. Nel film del 1951, che ho visto in anni lontani, Lauri Volpi è in trincea durante la guerra; nella notte, canta “Cielo e mar” dalla Gioconda di Ponchielli, e tutti si fermano ad ascoltarlo, amici e nemici.
Ezio Pinza (romano e romagnolo, 1892-1957) è un altro nome leggendario nella storia dell’Opera. Le sue incisioni degli anni ’30 sono formidabili: per bellezza di voce, per tecnica, per interpretazione, e per l’estensione che va dalle note più profonde del basso fino agli acuti baritonali. Pinza fu un leggendario interprete del “Don Giovanni” di Mozart, anche per il fisico da atleta; nella parte finale della sua carriera, ormai anziano, si dedicò al musical, divenendo molto popolare in America (dove risiedeva da tempo) come interprete in teatro degli spettacoli musicali di Rodgers & Hammerstein. Su imdb ho trovato dieci film e programmi tv con Ezio Pinza, dal 1951 al 1954: quindi aveva già passato i sessant’anni. Come mi ha fatto ricordare l’amico Matteo Aceto, la voce di Pinza si ascolta anche in “Blues brothers” di John Landis: una canzone napoletana, “Anema e core”. La presenza di Pinza in quel film è probabilmente dovuta ad un suo show televisivo del 1951-52, in America. Rimane la curiosità verso i suoi film come attore, parzialmente visibili su you tube: purtroppo la voce non è più quella dei tempi migliori, peccato. Curiosando su imdb, ho visto che in “Parata di splendore” (“Tonight we sing”), Ezio Pinza interpreta il basso Fiodor Scialiapin, un altro leggendario cantante d’opera, più anziano di lui. Nella lista degli interpreti di quel film, diretto da Mitchell Leisen, oltre a Ezio Pinza troviamo il violinista Isaac Stern che interpreta Eugène Ysaye, il tenore Jan Peerce, il soprano Roberta Peters, e l’attrice Ann Bancroft, giovanissima, che vent’anni dopo diventerà un’icona del cinema con “Il laureato” di Mike Nichols.
Lauritz Melchior, danese, vissuto fra il 1890 e il 1973, (nella foto qui sopra mentre festeggia il suo compleanno: con lui un altro grandissimo tenore, lo svedese Jussi Bjoerling, e le rispettive mogli) è stato uno dei più grandi tenori wagneriani, forse il più grande nella storia del disco. La sua carriera è in gran parte inglese e americana, anche se fu presente a Bayreuth e in molti altri teatri. Melchior cantò al Metropolitan di New York dal 1926 al 1950, senza interruzioni; aveva una voce scura, da tenore baritonale, che gli permise di affrontare al meglio non solo Wagner ma anche l’Otello di Verdi, e tutti i ruoli di tenore “scuro”.
Melchior gira otto film a Hollywood, tra il 1945 e il 1963. In “The stars are singing” (Il cammino delle stelle, in Italia) del 1953 è al fianco di Rosemary Clooney, zia di George. In “Ti avrò per sempre” (1947, This time for keeps) è diretto da Richard Thorpe, e recita al fianco di Esther Williams e Jimmy Durante, con l’orchestra di Xavier Cugat. Con Esther Williams, campionessa di nuoto e attrice molto famosa, Melchior gira anche “Luna senza miele” (Thrill of romance, 1945) sempre per la regia di Richard Thorpe, con Van Johnson come protagonista.
Di Melchior ho visto un film solo, “Crociera di lusso” del 1948, regia di tal Richard Whorf (non me lo sono inventato), dove appare nel ruolo di un “famoso tenore svedese” (in realtà era danese) su una nave da crociera. Se la cava benino anche come attore, il film è tutto sommato piacevole, quasi un Powell-Pressburger ma un po’ sciocchino (nel senso che è un film di genere, fatto per mettere insieme tanta gente famosa senza troppo impegno). Nel 1995 mi ero segnato questo breve appunto: «Buone le inquadrature, i colori, le atmosfere. Protagonisti George Brent e Jane Powell, c’è anche Xavier Cugat, col cagnolino ma senza Abbe Lane, che era ancora troppo giovane (gennaio 1995)» Un altro film con Melchior che potrebbe essere interessante è “Two sisters from Boston” del 1946 , regia di Henry Koster, con June Allison, Kathryn Grayson e Jimmy Durante, un comico molto popolare in America, riconoscibile ovunque per via del suo naso davvero imponente. Gli altri film con Lauritz Melchior citati su imdb sono cose per la tv, talk show, concerti dove era chiamato come ospite. (qui sotto, Melchior con Durante nella scena di un film)
Piuttosto deludente la filmografia di Tito Gobbi, che pure avrebbe avuto fisico e capacità per fare qualcosa di più: si tratta di ventisei film (sempre su http://www.imdb.com/  ), ma quasi tutti legati a film tratti da opere, con poche eccezioni come “I condottieri-Giovanni dalla Bande Nere” del 1950, regia di Luis Trenker. Gobbi era vicentino, di Bassano del Grappa, nato nel 1913: fu uno dei più grandi baritoni sulla scene mondiali, autentica stella negli anni ’50, nelle sue incisioni appare molto spesso in trio con Giuseppe Di Stefano e Maria Callas. La cosa più famosa di Gobbi, al cinema, è senz’altro la voce che canta “guardate, un fiocco rosso ei porta sul cappello”, per la versione italiana di un film di Stanlio e Ollio, “Fra Diavolo”; il filmato più famoso in cui appare Gobbi è sicuramente la registrazione live del secondo atto della Tosca di Puccini, al fianco di Maria Callas.
Maria Callas, secondo http://www.imdb.com/  , appare in sei titoli fra il 1968 e il 1971, cioè a carriera già conclusa. La Callas, americana di origini greche, vero nome Maria Kalogeropoulos, era nata a New York nel 1923 e morirà a Parigi nel 1977; la sua carriera fu piuttosto breve (una quindicina d’anni) ma folgorante, una voce unica e una grande presenza scenica. La lista dei film in cui appare, così come riportata da imdb, è piuttosto deludente: niente di particolare, tv o cortometraggi, registrazioni di concerti, l’unica curiosità è la regia del tedesco Werner Schroeter per alcune di queste registrazioni. Il titolo davvero importante, quello che non si può passare sotto silenzio e di cui prima o poi parlerò a lungo, è la Medea diretta da Pier Paolo Pasolini, un film del 1969 dove purtroppo la Callas è doppiata (doppiata bene, ma è comunque un peccato). Ho rivisto di recente la Medea, la Callas si era ritirata da quasi dieci anni, non faceva più la cantante d’opera, ma la sua presenza scenica è ancora impressionante. Forse il film non è pienamente riuscito (se ne può discutere), ma un particolare mi ha colpito: Maria Callas vi appare bellissima, si permette anche qualche scena di nudo parziale, aveva 45-46 anni ma era comunque in gran forma, come non si era mai vista nelle foto degli anni precedenti. Che a mostrarcela così bella sia stato proprio Pasolini, è un altro particolare sul quale bisognerebbe riflettere: probabilmente, per rendere a pieno la bellezza bisogna amare le persone e quello che si sta facendo.
(continua, ma non so quando)

2 commenti:

Matteo Aceto ha detto...

Un post davvero molto interessante, Giuliano. A questo punto mi piacerebbe leggere qualche tuo scritto più specifico sul "Medea" pasoliniano.

ps: grazie per la citazione :)

Giuliano ha detto...

Medea è un soggetto molto impegnativo... Dovrei impegnarmi molto, non sono sicuro di farcela, di certo non a breve.
Il film di Pasolini non è riuscitissimo ma è pieno di cose interessanti, così come il suo Edipo. Insomma, Pasolini rischiava: mirava alto, cosa che oggi fanno in pochi, quasi nessuno. Se metti degli obiettivi difficili, non è detto che tu faccia bella figura: è questo che tanti non capiscono, guardano solo gli incassi, l'audience...