mercoledì 1 agosto 2012

Bergman, "Crisi"

KRIS ( t.l.: Crisi, 1945). Regia e sceneggiatura: Ingmar Bergman. Soggetto: da una commedia di Leck Fischer. Fotografia: Gosta Roosling. Prodotto da Victor Sjöström e Harald Molander. Musiche originali di Erland von Koch; nella scena della festa, alcuni valzer di Johann Strauss e Il bacio di Arditi. Interpreti: Inga Landgré (la ragazza), Jire Dagny Lind (la madre legittima), Marianne Löfgren (la madre adottiva), Stig Olin (Jack), Allan Bohlin (Ulf), Signe Wirff (zia Jessie) Svea Holst (Malin) Ernst Eklund (il dottore) Durata: 93 minuti

- Non lo senti anche tu un ronzio? E’ l’orologio. Sei tu che mi dai la carica.
- Chi è che ti carica?
- Ti piacerebbe saperlo, vero?
- Poverino...
- Non compiangermi! Un giorno lascerò questo teatro di marionette, ed entrerò nell’oscurità. Poi la primavera irromperà e tutto sarà in fiore, e la gente dirà: «Quel Jack, cosa ne è stato di lui?»
(da “Crisi” di Ingmar Bergman, Jack e Nelly, minuto 28)
“Crisi” è il primo film di Ingmar Bergman da regista: nato nel 1919, Bergman aveva 25-26 anni e già da tempo collaborava al cinema, e soprattutto lavorava come regista in teatro, un’attività che non abbandonerà mai. Si tratta di una commedia, nonostante il titolo e nonostante un momento molto drammatico al suo interno; ed è anche uno dei pochi film che Bergman “dimentica” in Immagini, il libro dove racconta tutti i suoi film; questa dimenticanza è dovuta probabilmente al fatto che “Crisi” non è un suo soggetto originale. Va però detto che Bergman è sempre molto duro (magari scherzando) con questi suoi inizi, e non sono sicuro che abbia ragione di esserlo.
Oggi è possibile rivedere quasi tutti i film di Bergman (“Crisi” è abbinato a “La fontana della vergine” sul dvd della Fnac), e penso che certi giudizi negativi vadano rivisti, perché si tratta di film magari non memorabili ma comunque sempre ben fatti e ben recitati.
In particolare, “Crisi” dal punto di vista tecnico è perfetto, non sembra affatto il lavoro di un esordiente. La storia è ben raccontata, con molta chiarezza e senza stancare; sono ben delineati i personaggi, ottimo il controllo dei mezzi tecnici. Dunque un ottimo risultato, anche se la Svensk Filmindustri non ha certo mandato allo sbaraglio il giovane regista: dietro questo film c’è gente esperta, dai titoli di testa per esempio apprendiamo che il film è prodotto da Victor Sjöström (grande e famoso regista anche di Hollywood), che dieci anni più tardi sarà protagonista di “Il posto delle fragole”; e nei suoi libri Bergman ricorda con molto affetto l’esperto Oscar Rosander, addetto al montaggio del film. Comunque sia, qualsiasi congettura si voglia fare, il risultato è comunque un film da professionisti, senza sbavature, molto ben disegnato e molto ben recitato.
Rimane comunque difficile, anche dopo tutto questo, assegnare “Crisi” a Ingmar Bergman: si tratta di una commedia, a tratti sembra Hawks, o magari il Blasetti di “Quattro passi fra le nuvole”. Il soggetto è questo: un’insegnante di musica, Ingeborg (Marianne Löfgren) ha allevato come se fosse sua una bambina che le è stata affidata (Nelly, interpretata da Inga Landgré) che adesso ha diciotto anni. La ragazza le è molto affezionata e la chiama mamma, ma dalla città arriva inattesa la vera madre (Jenny), che in paese è stata un personaggio discusso, ma che adesso è in ottima posizione economica e ha un salone di bellezza in città. Jenny (l’attrice si chiama Jire Dagny Lind), molto benevola e molto paziente, vorrebbe dare lavoro a sua figlia, adesso che ha diciott’anni: il che significa portarla via da Ingeborg.
Un conflitto tra donne, e un film quasi completamente al femminile; sono donne autosufficienti, che lavorano in proprio e che vivono da sole, senza uomini al loro fianco; ed è una cosa inaspettata se si pensa alla data del film, il 1946; ma probabilmente in Svezia funzionava già così.
Il film è piacevole, c’è aria di commedia almeno per un’ora, poi quando si vira sul drammatico (il personaggio di Jack si presenta come allegro e divertente, ma nasconde un lato tragico) comincia a vedersi il futuro autore. Il finale è comunque in positivo, almeno per Nelly.
Ragionando sul futuro di Ingmar Bergman, e avendo già visto tutti i film che sono seguiti, è interessante prendere nota di alcune “prove tecniche” di visioni e apparizioni: Jenny che appare nel negozio, fra le teste dei manichini da parrucchiera, dopo la notte passata insieme da Jack e Nelly; e anche Ingeborg che “sente” la voce di Nelly a casa sua, e decide di andarla a trovare; poi sul treno che la riporta a casa si addormenta e ha un incubo, ma trova due donne pronte a soccorrerla.
Un po’ più schematici i personaggi maschili: Ulf (Allan Bohlin) è sui 30 anni, lavora come veterinario, è molto alto e muscoloso; Nelly gli vuol bene ma dice che preferisce stare con gente della sua età. Jack (da pronunciarsi Yack, l’attore è Stig Olin) è piccolo e brillante, divertente; Ulf lo butta in acqua dal pontile quando lo trova con Nelly. Fin dall’inizio sappiamo che Jack è l’amante della madre di Nelly, ma si fa passare per suo fratello; Nelly lo verrà a sapere quando è troppo tardi.
Molto bravi anche gli attori delle parti di fianco, soprattutto le due donne sul treno con Ingeborg.
Inga Landgré, la protagonista, sarà una presenza fissa nei film successivi di Bergman: il suo ruolo più famoso è probabilmente nel finale di “Il settimo sigillo”, la moglie del cavaliere. Stig Olin, presente in quasi tutti i film degli inizi di Ingmar Bergman è il padre di Lena Olin, che sarà a sua volta attrice con Bergman. Lena Olin debutta con una piccola parte in “L’immagine allo specchio”, nel 1975; compare anche in “Fanny e Alexander” (la nuova bambinaia, nel finale) e sarà protagonista di “Dopo la prova” (1983) accanto a Erland Josephson.
Le musiche originali, piuttosto belle, sono di Erland von Koch; nel film si ascolta anche un po’ di jazz, i valzer di Johann Strauss, e anche una famosa aria da camera, “Il bacio” di Arditi, che nel film viene volutamente storpiata e stonata, ma che è stata ed è ancora cavallo di battaglia di tutte le cantanti d’opera più famose.
La scena della musica è questa: siamo a una festa a casa del sindaco, ma il sindaco balla solo il valzer e quindi la piccola orchestra attacca il “Danubio blu”. Di seguito, il jazz-boogie di Jack e dei suoi amici interrompe una pessima esecuzione del Bacio di Arditi, con molte stonature, volutamente caricaturale: dato che Bergman conosce bene la musica, è più che probabile che questa cantante stonatissima sia la ricostruzione di un suo ricordo personale. Insomma, giovani contro vecchi, sembra un film di rock’n’roll degli anni 50 ma siamo sempre nel 1946.
Molto bello, evocativo, l’inizio del film come è stato conservato sul dvd: al buio, prima dei titoli di testa inizia la musica. Qualcuno potrebbe pensare a un errore, ma così funzionava. Non c’era ancora la valanga di pubblicità che imperversa oggi, il momento di buio prima che iniziasse il film, accompagnato dalla musica, serviva per concentrarsi e accomodarsi bene sulla sedia prima dell’inizio vero e proprio. Allo stesso modo, in teatro, molte sinfonie d’opera cominciano con tre forti accordi (Il flauto magico di Mozart, per esempio): un segnale che invita a fare silenzio, lo spettacolo sta per iniziare.
Lo spettacolo sta per iniziare: e una grande nostalgia del teatro, del cinema, del buio in sala. Altri tempi, ormai il cinema è finito. Molti non ci vogliono credere, ma la notizia dell’altro giorno (fine luglio 2012) è che d’ora in avanti i cinema e i teatri pagheranno le tasse come locali di lusso, e che prossimamente sarà obbligatoria la proiezione in formato digitale; e le macchine nuove sono costosissime. E dunque molte sale chiuderanno ancora, ne rimarranno pochissime, sempre meno e sempre più simili al televisore di casa nostra.
IL BACIO, di Luigi Arditi
Sulle labbra se potessi
dolce un bacio ti darei;
tutte tutte ti direi le dolcezze dell'amor.
Sempre assisa te d'appresso,
mille gaudii ti direi
ed i palpiti udirei
che rispondono al mio cor.
Gemme e perle non desio,
non son vaga d'altro affetto.
Un tuo sguardo è il mio diletto,
un tuo bacio è il mio tesor.
Ah, vien, più non tardare!
A me vien, nell'ebbrezza d'un amplesso
ch'io viva!
testo di Gottardo Aldighieri (1824-1906)
musica di Luigi Arditi (1822-1903)
da www.lieder.net  

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