domenica 5 agosto 2012

Nave per le Indie

SKEPP TILL INDIALAND (t.l.: Nave per l'India, 1947). Regia: Ingmar Bergman. Soggetto: da un dramma di Martin Söderhjelm. Sceneggiatura: Ingmar Bergman e Herbert Grevenius. Fotografia: Hilding Bladh e Göran Strindberg. Musica: Erland von Koch. Interpreti: Birger Malmsten ( Johannes Blom ), Gertrud Fridh (Sally), Holger Löwenadler (il capitano Blom ), Anna Lindhal (Agda, moglie del capitano Blom), Ake Frydell (direttore del varietà); i tre marinai: Lasse Krantz (Hans), Jan Molander (Bertil), Erik Hell (Pekka); Naemi Briese (Selma), Hjördis Pettersson (Sophie); Ingrid Borten (la ragazza scambiata per Sally), Kiki (il nano) Durata: 85 minuti

“Nave per le Indie” è il terzo film di Bergman da regista, dopo “Crisi” e “Piove sul nostro amore”. E’ stato girato nel 1947, è piuttosto bello e non me lo aspettavo.
Racconta di un conflitto padre-figlio, molto strindberghiano, con due bei personaggi femminili: la madre e moglie fedele, e la giovane ballerina-prostituta che porterà alla rinascita il protagonista.
Padre e figlio lavorano in mare, ma in zona costiera: una piccola impresa familiare che recupera navi abbandonate. Insomma, quasi un’impresa di rottamazione, che sarebbe molto simile a un’officina per le auto se non fosse per la necessità di impiegare scafandri da palombaro. Ed è infatti intorno al mestiere del palombaro che si svolge la scena chiave del film: in quegli anni, l’aria veniva pompata a mano fino al casco dell’uomo che stava sott’acqua; ma di più non conviene dire perché il film piace, nonostante qualche difetto “da fotoromanzo”, e viene voglia di vedere cosa succede fino alla fine.
Non è un soggetto di Bergman, e quindi Bergman ne fa solo qualche accenno in “Immagini” (ed. Garzanti 1992) il libro in cui racconta tutti i suoi film (il primo film in cui si riconosce davvero come autore è “Prigione” del 1948, il suo quinto da regista).
I temi sono comunque molto bergmaniani, o forse strindberghiani: redenzione, rinascita, il recupero di se stessi, la volontà di sfuggire alla maledizione di un destino già scritto, misero e prefissato. Anche il tema della “gobba” del protagonista (difficile da vedere, addosso a Birger Malmsten) ha molto di Ibsen, e di Strindberg ancora. Da appassionato lettore di Joseph Conrad, ho trovato qualche somiglianza con “La linea d’ombra” e “Al limite estremo”: una nave che non vuole partire, il rapporto col capitano precedente (cioè col padre)...
Il primo Bergman è molto diverso dal Bergman quarantenne e devo dire che a me piace molto; anche se siamo ancora nell’ambito del film “di genere”, un po’ come i film che si facevano anche da noi in quegli anni (“Nave per le Indie” sarebbe stato un buon soggetto anche per Amedeo Nazzari). Oltretutto, è bello vedere l’evoluzione di un autore così grande. Non parlerei di crescita, ma di evoluzione di uno stile: perché il giovane Bergman, fin dai suoi inizi, è già un grande regista, un grande narratore per immagini. In questo film, come nei due precedenti, è sempre molto alta la qualità della recitazione, e da un punto di vista tecnico è tutto molto ben fatto, ma qui il merito va diviso con gli ottimi collaboratori che gli aveva messo accanto la Svensk Filmindustri.
In conclusione, mi viene da dire che avendo fatto questi film da subito, non stupisce che poi siano arrivati L’ora del lupo, Il silenzio, Passione, Come in uno specchio...
Gli attori sono tutti molto bravi, in particolare ricorderei la madre del protagonista, interpretata da Anna Lindhal. Birger Malmsten è stato protagonista di quasi tutti i primi film di Bergman, fino all’inizio degli anni ’50; poi con Bergman ha avuto solo due ruoli strani, senza nemmeno una battuta: uno dei violentatori in L’immagine allo specchio e l’uomo che fa sesso in albergo con Gunnel Lindblom in “Il silenzio”.
Gertrud Fridh, che qui interpreta da protagonista la giovane ballerina-prostituta del varietà, ritornerà invece in molti altri film di Bergman, quelli più famosi e celebrati. Anche per la Fridh, come per Malmsten, si tratta di personaggi sempre legati al sesso. Nel “Posto delle Fragole”, Gertrud Fridh è la moglie di Isak Borg nel flashback mentre lo tradisce, poi nel “Volto” appare sempre come moglie (stavolta di Erland Josephson) pronta al tradimento. Gertrud Fridh sarà la moglie del pastore in “L’occhio del diavolo” (dove tradisce il marito con l’aiutante di don Giovanni), una delle donne di “A proposito di tutte queste signore”, e ha ancora un ruolo simile in “L’ora del lupo”.
Ake Fridell, che qui interpreta il direttore del Varietà, è un altro dei fedelissimi di Bergman: qui ha un ruolo piuttosto piccolo, ma sarà l’innamorato di Harriet Andersson in “Sorrisi di una notte d’estate”, il fabbro del “Settimo sigillo”, il capocomico Tubal nel “Volto”, e compare molto spesso in altri film di Bergman, anche se non in ruoli di primo piano.
La musica stavolta non è memorabile, però molto funzionale; ci sono alcune belle scene girate in teatro, compresa un’epica scazzottata (molto breve) che coinvolge il padre del protagonista; e sono molto belli anche i burattini all’inizio, particolare da segnalare perché marionette e burattini saranno una costante nel cinema di Ingmar Bergman.

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